Lega di A, stipendi sospesi “sine die”. E i club attaccano Spadafora…
REPUBBLICA.IT – BIANCHI – I club di serie A, soprattutto dopo l’accordo della Juventus, lavorano su due piani. Prima soluzione: la Lega oggi proporrà all’Aic, il sindacato calciatori, la sospensione degli emolumenti, “sine die e sino a quando non si riprende l’attività”. Un esempio: se non si tornerà a giocare, ipotesi purtroppo che di giorno in giorno cresce sempre di più, non vorranno versati gli stipendi di marzo, aprile, maggio e giugno quando termina la stagione sportiva. La Lega lo fa per evitare che ci possano essere penalizzazioni in classifica in caso di ritardati pagamenti (alcuni club non hanno alcuna versato febbraio quando peraltro si era in piena attività) e che qualche giocatore possa chiedere la messa in mora del proprio club,svincolandosi di fatto (ma dove andrebbe, di questi tempi?).
Su altro piano, invece, il taglio degli stipendi. Qui la Lega non può intervenire e difatti non interviene: è una trattativa singola fra i giocatori e i loro club. Se un calciatore non accetta, non ci può essere alcun taglio (si rischierebbero le vie legali). La Juve ha tracciato la strada, si è mossa per prima come sovente capita anche perché la sua situazione di bilancio quest’anno già non era felicissima e ora questo stop crea, e rischia di creare, danni ingentissimi. Adesso si stanno muovendo anche tutti gli altri club: l’ipotesi di taglio è, come quello della Juve, intorno al 30 per cento. Non tutte le società però sembrano ancora convinte, e l’Aic resiste a questa ipotesi di taglio. Se per Ronaldo, quindi, potrebbe significare 9 milioni in meno, Donnarumma perderebbe due milioni, Lukaku 2 e mezzo, e così via. Trattative singole, come detto. Non facili in alcuni club dove ci sono stati già forti attriti coi calciatori.
La situazione del calcio d’altronde è pesantissima. Banca Imi del presidente Gaetano Micciché, ex n.1 della Lega di serie A, aveva previsto per la Juventus un mancato ricavo intorno ai 110 milioni, in caso di stagione conclusa l’8 marzo (con la sfida all’Inter): 20 milioni dai mancati incasso al botteghino, 40 dalle sponsorizzazioni e 45 dai diritti tv di Champions e campionato. In totale il danno per la A è stato quantificato in 720 milioni (secondo stime della Lega, per la Figc invece è intorno ai 500 milioni).
E proprio sui diritti tv ci sarà da discutere in futuro, quella è la partita decisiva: il contratto prevede che Sky debba comunque pagare quando stabilito per l’annata 2019-’20 e sinora ha versato più del dovuto, cinque bimestri su sei. Per il prossimo anno non ci sono problemi, almeno sulla carta: vale lo stesso contratto di quest’anno (se non cambia il format della A). Ma ci vorrà un accordo fra club e Sky, non conviene a nessuno andare in guerra: anche perché è in ballo il nuovo contratto, dal 2021 al 2024. Lì bisognerà aspettare: la Lega, giustamente, nel suo pacchetto di richieste, girato alla Figc, ha stabilito delle priorità. La legge Melandri non è fra queste: si spera però che in futuro il governo possa modificarla, cancellando il divieto di esclusiva. Solo così, si augurano Dal Pino e De Siervo, Sky sarebbe invogliata ad investire ancora le stesse cifre di adesso, e magari qualcosina in più. Ma il nodo dei diritti tv è decisivo: se calano il sistema-calcio va in fallimento e molte squadre rischiano di non iscriversi al campionato.
In Lega, è logico, stanno disegnando gli scenari per il futuro. Se non si riprende (ma la speranza è di poter giocare a giugno e luglio), l’ultima giornata è stata la 26esima, anche se non tutte le squadre avevano giocato gli stessi incontri: Juve prima, Lazio seconda ad un punto, poi Inter e Atalanta. Le prime quattro, da regolamento, vanno in Champions. La quinta (Roma) in Europa League, la sesta (Napoli) ai preliminare di Europa League dove ha diritto di andare anche la vincitrice della Coppa Italia, di cui ormai non si parla quasi più. Le ultime tre (Lecce, Spal e Brescia) retrocedono in B. E lo scudetto? Assegnato a tavolino alla Juventus? Sono tanti, anche fra i tifosi juventini, che non prendono nemmeno in considerazione questa ipotesi estrema. Probabile quindi che non venga assegnato. E un eventuale campionato a 22 squadre il prossimo anno?Gravina si oppone, le date in realtà non ci sono visto che bisogna chiudere a maggio per gli Europei. Ma come la prenderebbero Benevento e Crotone, le prime due della B? Non certo bene. Situazione intricatissima. In Lega qualcuno adesso rimpiange gli anni ottanta quando la serie A era a 16 squadre…
L’ideale, se possibile, è portare avanti la stagione (a porte chiuse, con tre partite a settimana se serve…) pur di evitare contenziosi legali. E le Coppe europee? Ci sono ancora in corsa Atalanta, Juventus, Inter, Napoli e Roma. Le Coppe rendono un sacco di soldi, ma l’Uefa brancola nel buio, troppe Nazioni sono messe peggio dell’Italia. Verso fine aprile si farà il punto, la European Leagues è in costante contatto con Nyon. Prima dovranno ripartire i campionati, e prima dei campionati gli allenamenti ormai fermi da tempo.
Intanto c’è molto malumore fra alcuni presidenti di serie A per le parole dette dal ministro Vincenzo Spadafora a Repubblica: “Lo sport non è solo il calcio e il calcio non è solo la serie A. Da loro mi aspetto che le richieste siano accompagnate da una seria volontà di cambiamento: le grandi società vivono in una bolla, al di sopra delle loro possibilità, a partire dagli stipendi milionari dei calciatori. Devono capire che niente dopo questa crisi potrà più essere come prima”. Spadafora in passato aveva criticato i club che si erano fermati in ritardo e che non avevano accettato che le partite fossero trasmesse in chiaro sulla Rai: c’era stato un forte scontro anche con Sky, e la Lega aveva ribattuto di non poterlo fare in assenza di un decreto del governo, decreto mai arrivato. Oggi molte proteste sono arrivate alla Lega dai presidenti, alcuni importanti, dopo le parole dette da Spadafora nell’intervista a Repubblica: “La serie A può piacere o meno ma è l’unico motore economico del calcio di base e di tutti gli altri sport” hanno spiegato alcuni leader del massimo campionato che hanno avuto giudici piuttosto pesanti nei confronti del ministro. Spadafora domani bloccherà tutta l’attività sportiva, allenamenti compresi, sino al 30 aprile. In serata la Lega di A in una nota ha fatto notare come ” 32 milioni di italiani seguono il calcio, un fenomeno sociale ed economico che dà lavoro a più di 300.000 mila persone generando l’1 per cento del pil nazionale . La serie A produce ogni anno circa 3 miliardi di ricavi totali a beneficio dell’intera piramide calcistica”. Il presidente Paolo Dal Pino ha replicato così al ministro: “Con riferimento alle odierne affermazioni del ministro Spadafora ritengo non sia il momento di fare polemiche e demagogia. I numeri sopra riportati parlano da soli e non serve aggiungere altro per evidenziare il ruolo della Lega di serie A a sostegno del calcio di base e indirettamente di tutto lo sport italiano”.