Il presidente della FIGC Gabriele Gravina ha concesso una lunga intervista a Libero. Di seguito uno stralcio delle sue parole.
Il ministro dello Sport, Spadafora, ha parlato di inevitabili porte chiuse.
“Se l’emergenza lo consentirà, a livello internazionale siamo d’accordo sull’ultimare campionati e coppe perché deve essere il campo a determinare i risultati. Ci atterremo alle indicazioni: se la condizione per giocare sarà di farlo a porte chiuse, ci adegueremo”.
L’auspicio è riprendere a maggio, ma l’ipotesi più probabile parla di giugno con uno sfioramento nel mese di luglio. Non si rischia di pregiudicare il futuro?
“Siamo ancora in tempo per provare a terminare l’attuale stagione senza troppi strascichi nella 20/21, ma è evidente che andare oltre metà luglio renderebbe le cose complicate. Tutti i protagonisti faranno sacrifici per il bene del calcio. Finire quello che abbiamo iniziato, oltre ad attutire il danno economico, comunque importante, ridarebbe agli italiani la voglia di gioire”.
Prima le liti sui rinvii delle partite, oggi sul destino del campionato con alcuni club che chiedono di annullarlo subito: è solo un modo per risparmiare?
«E il momento di mettere da parte le rivendicazioni personali e cercare una visione più ampia e condivisa. In ballo c’è il futuro del gioco più amato dagli italiani, per questo dobbiamo provare a far rotolare il pallone non appena possibile».
Sarà davvero possibile tagliare gli stipendi?
“Abbiamo già iniziato a dialogare con Assocalciatori e Assoallenatori, che si sono dimostrate disponibili. La difficoltà di far fronte a determinati impegni è evidente. Nessuno può far finta di non porsi il tema del costo del lavoro. Lo faremo senza mortificare nessuno”.
Se alla fine non si riuscisse a ripartire, il calcio avrà bisogno del soccorso statale?
“Il calcio si è sempre supportato sulle sue gambe, è il terzo comparto produttivo del Paese. Ho già chiarito che non chiediamo contributi diretti, piuttosto provvedimenti legislativi che ne agevolino la ripresa e lo sviluppo”.