20 Mar 2020In Rassegna stampa5 Minuti

Tommasi: «Tornare in campo ora è solo utopia»

IL MESSAGGERO – Damiano Tommasi, presidente dell’Associazione Italiana Calciatori, ha rilasciato un’intervista al quotidiano per parlare dell’emergenza sanitaria che l’Italia sta vivendo e dell’eventuale ripresa del campionato. Queste alcune delle sue parole:

«Non ci siamo resi conto di ciò che sta avvenendo».

Eppure il calcio programma date, ipotizza calendari. 
«Ti riporta a una dimensione ottimistica, ci vuole realismo».

Questa una sua caratteristica. 
«Le racconto questo, molti non lo sanno. Tra le varie attività che svolgo, c’è anche quella di dirigente scolastico. Ebbene, qui a Verona si valuta di portare a termine l’anno solo attraverso una didattica domestica. Questo cosa significa: se un paese chiude le scuole fino a giugno, non possiamo pensare che possano andare avanti altre attività, come lo sport. Un lusso, appunto». Come lo è stato giocare anche quel 7/8marzo. «Un errore. Io ho cercato di farlo capire subito, quando ho chiesto lo stop alla Figc e mi è stato detto di no. Il giorno dopo ci abbiamo provato dalla mattina. La prossima volta il Governo non farà scegliere chi non sa scegliere, quindi se si torna in campo si farà inmassima sicurezza». Che intende? «Se si potrà viaggiare da una regione all’altra, se non ci saranno rischi».

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Si dice: il campionato sforerà a luglio. Come è possibile? 
«Ecco, quello sarebbe un bel casino. C’è un’infinità di calciatori che, rispettando le regole, si trovano ad aver firmato per altri club, con decorrenza il primo luglio; ci sono i prestiti, gli svincolati. Il 30 giugno ci sono i bilanci da presentare ed è un problema per i club. Dovrà essere studiato uno scivolo, verrà fatta una moratoria, allungando gli accordi. E non bisogna esagerare con lo slittamento: l’inizio della prossima stagione non potrà assere spostato troppo in là, visto che, almeno quello si spera di farlo, ci sarà l’Europeo».

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L’ipotesi di annullare il campionato esiste? 
«Certo. Ripeto: si chiudono le scuole, si può chiudere un campionato o più di uno. Sarebbe un bel problema, ma purtroppo queste cose non le scegliamo noi, ma il coronavirus. Che ormai ci ha caricati tutti sulla stessa barca, nella stessa incertezza e con la stessa fragilità».

C’è stata divisione sull’interruzione delle partite, prima ancora sulle porte chiuse, ora si parla degli allenamenti, siamo al sì e al no, alle vie di mezzo. Molti presidenti pensano solo agli interessi economici?
«Sono come i musicisti del Titanic, che continuano a suonare mentre la nave affonda. Se non si capisce che la situazione è seria…».

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Tornando alle date: che idea si è fatto? 
«Temo verranno disattese. Nel nord il fenomeno è in continua crescita, così come nel resto d’Europa. Era giusto dare un orizzonte temporaneo, quasi come forma di ottimismo. Ci sta. Ma c’è molto da fare ancora. All’inizio sembrava che il fenomeno riguardasse solo la zona della bassa Lombardia, poi si è trasferito a Brescia e Bergamo, è imprevedibile, non sappiamo cosa succederà nel Sud. La logica ci dice che dobbiamo comportarci bene, con rigore. Non si tratta di essere catastrofisti o ottimisti, cerco solo di essere realista. Ricominceremo, ma in sicurezza. E laddove servirà, rispetteremo misure più severe»

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Tutta questa storia, alla fine, porterà a un nuovo governo del calcio? Si ripartirà da nuovi e migliori, presupposti? 
«Sono molto pessimista. Del resto comandano più o meno gli stessi che c’erano prima del mondiale in Russia. La Lega è cambiata poco, in Figc manca solo Tavecchio.Ma non è questo il momento di lasciarsi andare alle polemiche, adesso conta stare uniti. Poi ne riparleremo»

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