MESSAGGERO – La vera novità nella Roma ha il nome di Paulo Fonseca. Il portoghese, che domani sera esordirà in campionato contro il Genoa, ha conquistato Trigoria con il suo carisma: dai preparatori, agli addetti ai lavori fino ad arrivare ai calciatori, tutti pendono dalle sue labbra. La scelta di non concedersi troppo alle telecamere dopo le amichevoli è piaciuta ai dirigenti giallorossi, perché in un ambiente delicato come quello della Roma, basta anche una frase fuori posto a far saltare equilibri costruiti nelle settimane.
AMBIZIONI – Questo non significa che il tecnico non abbia ambizioni, anzi, è convinto che la squadra possa raggiungere grandi obiettivi come mai accaduto negli ultimi tempi: «In due o tre anni credo che riusciremmo a conquistare un trofeo», ha detto in un’intervista a Record. Fonseca si è sbilanciato, e non è la prima volta, lo ha fatto con cognizione di causa, ossia dopo un mese e mezzo passato ad allenare la Roma e aver capito i meccanismi societari. Evidentemente Paulovede qualcosa che i tifosi non riescono ancora a palpare forse perché offuscati dalle delusioni della scorsa stagione (addii di Totti e De Rossi compresi) o per il mercato poco convincente, ma ancora in via di definizione. Un’incoscienza, quella dell’allenatore, che non può che far bene all’ambiente e restituire stimoli ai “vecchi” che li avevano persi. Saranno proprio loro domani a scendere in campo all’Olimpico: 10 su 11 della formazione (l’unico neoarrivato titolare dovrebbe essere Pau Lopez) sarà composta dagli stessi che la scorsa stagione hanno contribuito a far arrivare la Roma sesta fuori dalla Champions. Questo significa che Fonseca ha raggiunto l’obiettivo di aver costruito una squadra temeraria e offensiva dalle ceneri dello scorso anno: «Voglio che giochino nella metà campo avversaria, con la linea difensiva lontana della nostra porta. Per me è fondamentale costruire una squadra che non guardi al nome degli avversari per sviluppare il suo gioco, il nostro obiettivo è tornare subito in Champions. Proveremo ad essere audaci e coraggiosi, percepisco un grande impegno e coinvolgimento di tutti i calciatori. Non vinceremo tutte le partite, però, dobbiamo far sentire ai nostri tifosi che siamo capaci di lottare sempre fino all’ultimo minuto. Le persone ci sosterranno e si sentiranno orgogliose di noi, indipendentemente dai risultati». Un ragionamento, quest’ultimo, che ha trovato terreno fertile agli inizi della gestione a stelle e strisce, ma che adesso in molti fanno fatica a digerire.
LE DIFFICOLTÀ – E sarà esattamente questa la difficoltà di Fonseca chiamato in Serie A dal campionato ucraino in cui lo Shakhtar giocava praticamente indisturbato per il titolo. Portandone uno nella Capitale la Roma potrebbe rappresentare per lui la porta per le big d’Europa: «La Serie A ha esigenze tattiche enormi, è una sfida che mi motiva, ma voglio rimanere molti anni alla Roma e mantenere il mio proposito di continuare la mia carriera in un dei migliori campionati del mondo». Quello a cui assisteranno domani i tifosi sarà un calcio offensivo, fatto di possesso palla, verticalizzazioni e inserimenti. Un gioco divertente, ma che necessariamente dovrà produrre dei risultati tangibili che diano speranze a un ambiente logorato dalle continue delusioni.