Lo stadio e la rete di De Vito: verifiche su consiglieri e aziende
IL MESSAGGERO – DE CICCO – «Nell’ambito di un’indagine in corso da parte dell’Autorità giudiziaria, viene richiesto a Roma Capitale di produrre documentazione – formale e/o informale – sui «rapporti intercorsi tra l’amministrazione e le seguenti società». Subito dopo, la missiva del Campidoglio annota il nome di tre aziende che compaiono nelle carte dell’inchiesta su Tor di Valle, l’ultimo filone che ha portato in carcere, con l’accusa di corruzione, l’ormai ex presidente dell’Assemblea capitolina, Marcello De Vito. Tutte e tre le società, secondo gli inquirenti, avrebbero avuto transazioni finanziarie con la Mdl, la società «cassaforte» di De Vito e del suo sodale, l’avvocato Mezzacapo. La lettera, che vale come «richiesta di estrema urgenza», è stata spedita ai vertici delle società partecipate del gruppo Roma Capitale e a una nutrita pattuglia di consiglieri comunali: i capigruppo e i «presidenti delle Commissioni permanenti e speciali». Con questa mossa, Palazzo Senatorio cerca di ricostruire la rete dell’ex presidente caduto in disgrazia, dopo l’arresto del 20 marzo scorso, Per capire fin dove fossero arrivati eventuali incarichi e consulenze.
I MERCATI Per gli onorevoli capitolini, la dead line per «produrre documenti» è già scaduta, la settimana scorsa. Le municipalizzate invece hanno ancora qualche giorno di tempo, dato che la lettera dei vertici del Campidoglio è partita soltanto l’altro ieri. Ai presidenti di commissione, con un altro documento firmato dal direttore dell’Assemblea, Angelo Gherardi, è stato chiesto di menzionare anche qualsiasi atto presentato «in relazione al progetto di riqualificazione dei Mercati generali di Roma Ostiense». Un altro intervento, oltre a quello dello stadio e dell’ex Fiera, a cui De Vito, secondo la Procura, si sarebbe interessato illegittimamente. Ma è l’operazione Tor di Valle la grana più insidiosa da sminare, per il Comune. Dopo la seconda retata di arresti, Raggi ha chiesto una nuova due diligence. La prima, partita a giugno 2018, appena deflagrata l’inchiesta su Parnasi e Lanzalone, era stata affidata al dipartimento Urbanistica e, di fatto, non si è ancora conclusa. Di questa seconda ispezione invece se ne occuperà il Segretariato generale, uno degli uffici di più stretta collaborazione della sindaca, nel cuore del Campidoglio. Raggi ha fatto capire di non voler mandare avanti «per forza» il progetto stadio. E aspetta, senza fretta, che dai tecnici arrivi un responso. Dall’America, si è fatto sentire James Pallotta. «Alcuni problemi probabilmente sono stati auto-inflitti dal costruttore che possedeva i terreni, altri dalle istituzioni», ha detto in un’intervista rilasciata a una web-tv di Boston, diffusa ieri ma realizzata prima dell’arresto di De Vito. «Inizieremo a costruire alla fine dell’anno, poi ci vorranno circa 28 mesi per i lavori. Spero nell’apertura in tre anni o giù di lì», è la speranza del patron giallorosso. Mancano diversi passaggi, però, anche interni ai proponenti. Il contratto di cessione dei terreni con la Eurnova di Parnasi, al netto della stretta di mano negli Usa di qualche settimana fa, non è ancora stato siglato. La firma dovrebbe arrivare prima di Pasqua. E Pallotta, con Parnasi fuori gioco, dovrà cercare un partner che costruisca materialmente lo stadio e il mega-complesso di negozi, uffici e alberghi: fonti vicine ai proponenti parlano di contatti ben avviati con il gruppo De Eccher di Udine.