L’addio del d.s. saluti spagnoli «Ho dato tutto, ma traguardi solo parziali»
GAZZETTA – CECCHINI – Il «Metodo Monchi», in fondo, è anche questo: chiudere la porta con garbo, ma senza indugio. Quella di ieri, d’altronde, è solo una breve cronaca di un lungo addio. L’atto finale, sancito dalla rescissione (con una transazione legata a dei bonus maturati), che consegna il d.s. spagnolo alla storia di questo club. Certo, il 24 aprile del 2017, quando ha iniziato la sua avventura, forse Monchi conosceva troppo poco una piazza che, stremata dalle promesse, non era in grado di pazientare. Anzi, le parole chiave che aveva scelto piacquero proprio perché non consentivano alibi. Ne ricordiamo tre: 1) «Qui alla Roma non abbiamo un cartello in cui è scritto “si vende”, ma uno in cui è scritto “si vince”»; 2) «I tifosi non vanno allo stadio per applaudire i bilanci ma i trofei»; 3) «Se entro due anni non riesco a vincere qualcosa, me ne vado a casa». Come si vede, frasi impegnative e mai sentite a queste latitudini. Sarà per questo che, impossibilitato a rispettare le prime due, ha tenuto fede alla terza, nonostante solo a gennaio avesse detto in «Gazzetta»: «Io resto alla Roma». Qui però le cose vanno veloci e, come il Marziano di Flaiano, anche «il più bravo d.s. del mondo» (parola di Pallotta, con cui il rapporto è sfiorito anche per il ruolo del consulente Baldini) – quello che aveva fatto diventare Siviglia una potenza a suon di trofei – si è ritrovato ad essere rigettato dall’ambiente, come la lite con gli ultrà a Oporto ha certificato.
TOP E FLOP «Hai distrutto la Roma», gli hanno rimproverato i tifosi. Ed il pensiero è naturalmente corso a Salah, Rudiger, Paredes, Nainggolan, Strootman e Alisson. Ovvio che la gente non consideri le decine di milioni di plusvalenze, anche perché il mantra del d.s. – stimatissimo da tutti i colleghi – era: «Non conta come si vende, ma come si compra». Con una filosofia ben chiara: «Un occhio a “WyScout” e un altro a “Excel”». Come dire: talentoi e bilancio. E così per i vari Under, Pellegrini, Cristante, Kolarov e Zaniolo sbarcati a Trigoria, pur sospendendo il giudizio su Schick e Kluivert, Monchi sarà ricordato anche per Moreno, Karsdorp, Gonalons, Bianda e Defrel per arrivare a Pastore, su cui a Trigoria dicono amari: tra cartellino e ingaggio quinquennale si è perduta tutta la plusvalenza per Alisson. Perciò fa sorridere però pensare che il d.s., salutando i dipendenti, abbia detto: «Se tutti i calciatori fossero come voi…»
EREDI Il saluto dello spagnolo però è elegante: «Mi sono innamorato subito della Roma e vi ho messo tutto me stesso. Il futuro non l’ho deciso. È il momento di ricordare le coe belle. Spero che arrivi fra le prime 4. So che non abbiamo raggiunto tutti i risultati per cui abbiamo lavorato e talvolta ci siamo scontrati, ma sarà impossibile dimenticare Roma». E viceversa, crediamo. Comunque, a differenza che per Di Francesco – benedetto da Pallotta – , il saluto è stato affidato a Fienga, che ha ridato il ruolo di d.s. a Massara, in attesa di possibili eredi, visto che piacciono Giuntoli (Napoli), Ausilio (Inter) e Petrachi (Torino). Ultima considerazione su Monchi: la «damnatio memoriae» già in lievitazione, va scontrarsi con un fatto che non si sposa coi giudizi più trancianti. Come mai un d.s. così «incapace» andrà probabilmente in uno dei primi club al mondo (l’Arsenal, ma lo corteggia forte anche il Psg)? Il tempo darà la risposta. Che, come succede nella vita, non sarà mai unica e valida per ogni stagione