22 Gen 2019In Rassegna stampa5 Minuti

Abodi: “Stadi? Serve una regia del governo. Venti piazze sono già pronte”

GAZZETTA DELLO SPORT – Prima di cambiare gli stadi, bisogna cambiare la mentalità. Se l’Italia vuole avere una speranza, deve avere un nuovo approccio. Quale, ce lo spiega Andrea Abodi, presidente (rimpianto) della Lega B fino al 2017, candidato battuto (e molto rimpianto) alla presidenza Figc, da 15 mesi alla guida dell’Istituto per il Credito Sportivo, la banca pubblica che di fatto tiene in vita l’impiantistica sportiva del Paese. «L’ipotesi di candidarsi all’organizzazione degli Europei di calcio del 2028 – spiega Abodi nel suo ufficio di Piazzale Flaminio, nel cuore di Roma – non può essere il presupposto per un serio piano di rilancio delle nostre infrastrutture, ma una conseguenza. Tra quattro anni, quando si assegneranno gli Europei, dovremo presentarci all’Uefa con delle certezze, altrimenti commetteremo l’errore di sempre».

Belle parole, presidente Abodi. Ci spiega anche come si fa?

«Il presupposto imprescindibile è la firma di un patto tra Governo, Comuni, istituzioni sportive e sistema bancario, con il Credito Sportivo in prima fila. C’è un’agenda sicurezza? Ci vuole anche un’agenda infrastrutture».

Ma chi deve fare il primo passo?

«Ci vuole innanzitutto una regia governativa, perché ora manca la cornice. Abbiamo bisogno di un inquadramento di sistema che consenta a tutti di confrontarsi con il tema dello sviluppo partendo dallo stesso livello, o riduca al minimo le disparità».

Chiede una nuova legge sugli stadi?

«Non necessariamente. Quella legge peraltro si è già evoluta. Sto parlando di interventi legislativi e misure finanziarie che sostengano i club: contributi in conto interessi o bonus fiscali, misure che darebbero un impulso concreto».

Ma i nostri club professionistici sono pronti?

«Vi rispondo con un elenco, da Nord a Sud: Venezia, Vicenza, Verona, Cremona, Brescia, Bergamo, Milano, Genova, Bologna, Firenze, Empoli, Pisa, Cagliari, Ascoli, Terni, Perugia, Roma, Pescara, Lecce, Cosenza. Venti piazze che hanno messo nella propria agenda delle priorità il tema delle infrastrutture. Alcuni sono progetti avanzati, altri stanno muovendo i primi passi. Alcuni prevedono abbattimenti e ricostruzioni, altri “solo” profonde rigenerazioni. Nel complesso, valgono potenzialmente due miliardi di euro».

Lei da presidente della B lanciò B Futura, dedicata proprio al rilancio infrastrutturale, e firmò un’intesa con Invimit e Credito Sportivo: è quello il modello?

«Lo rivendico: prima di tutto l’affermazione di un modello di gestione del progetto caratterizzato nella prima fase da analisi e ascolto, baricentrico sulla sostenibilità ambientale, sociale ed economica, sulle esigenze di funzionalità e accessibilità dell’impianto, rispettoso di chi nello stadio deve entrare per tifare, lavorare o investire. Dopodiché strumenti innovativi che si aggiungano alle opzioni di acquisto o di project finance, come quello di un fondo immobiliare a cui un Comune, senza mettere un euro, possa conferire lo stadio, eventualmente insieme ad altre attività e proprietà che possano alimentare il piano finanziario, in modo da trasformare il patrimonio conferito in quote di partecipazione del fondo, peraltro aperto a tutti, anche ai privati, capaci di produrre sviluppo infrastrutturale ed efficienze gestionali».

Perché non replicarlo alla Lega di A?

«Non sta a me dirlo, io posso solo augurarmi che la lega maggiore ragioni da.. lega, e capisca al più presto che un piano di sviluppo delle infrastrutture sportive è innanzitutto il suo progetto, anche perché rappresenta un tema centrale nel processo di creazione del prodotto e della prospettiva di crescita dei ricavi. Anche qui, serve una politica di sistema, con due premesse. Ogni giorno trascorso in uno stadio vetusto costa molto più di una rata del mutuo per ristrutturarlo; e in tutta Europa, qualunque club abbia sviluppato un serio progetto infrastrutturale, ha almeno raddoppiato i ricavi da stadio».