1 Gen 2019In Breaking News10 Minuti

Monchi: “Quando c’è il mercato, il mondo gira intorno ai direttori sportivi. Il tifoso ha sempre ragione, quello della Roma di più”

Ramon Rodriguez Verdejo ‘Monchi’, ds della Roma, è stato intervistato da Sky Sport per il ciclo dei direttori sportivi delle principali squadre della serie A. Queste le sue dichiarazioni:

Arriva gennaio: si sente un po’ Babbo Natale per i tifosi quando arriva il mercato?
Sì, quando arriva il mercato, che sia d’estate o d’inverno, il mondo gira intorno ai direttori sportivi. Tutti si aspettano che prenda tre o quattro giocatori, che diventeranno calciatori importanti. Invece per me normalmente il mercato di gennaio non cambia tanto una squadra, è per cambiare delle piccole cose. Se bisogna fare 4 o 5 acquisti, vuol dire che qualcosa si è sbagliato in d’estate. Non prendo un giocatore che non vuole l’allenatore e mai prendo un giocatore che vuole solo l’allenatore e che io non voglio. Ma questa è la mia filosofia, il mio modo di lavorare, nessuno dei due deve imporre il proprio punto di vista, tutto deve essere condiviso. Non c’è solo Monchi, sono 16 le persone che lavorano nel mio ufficio, lavorano e viaggiano tanto, siamo in tanti“.

Quante volte vedete un giocatore prima di decidere?
Tante volte. Noi facciamo una prima parte dell’anno in cui raccogliamo una visione generale, poi cominciamo a segnalare il giocatore. Ma lo visioniamo tante volte, tra le 6 e le 12 volte. Dal vivo o in tv“.

Non le è mai capitato di prendere un giocatore che non aveva mai visto?
No, ma io sono un difensore della tv, perché credo che la prima impressione debba essere così, altrimenti sarebbe impossibile, dovresti avere 500 scout. Poi, una volta che capisci che un giocatore potrebbe avere certe caratteristiche, devi sempre andare a vederlo dal vivo“.

Che differenza c’è tra fare mercato in Spagna e in Italia?
Un fatto unico, qui si lavora in una vetrina, sulla stampa esce di tutto… E’ difficile, per me è stato il cambiamento più grande. In Spagna il mercato è importante, ma non diventa una notizia continua. Qui è una notizia non solo ad agosto o a luglio, ma a settembre, ottobre, novembre… Quindi è più difficile. L’unica cosa che può succedere è che una squadra si svegli prima dopo aver letto una notizia“.

Come il Barcellona con Malcom…
Immagino che il Barcellona lo volesse da prima, non penso che una squadra spenda 40 milioni di euro solo perché la Roma vuole un giocatore. Li conosco e sono dei professionisti“.

Il rapporto con i tifosi?
I tifosi della Roma hanno tutti ragione. Il tifoso ha sempre ragione, quelli della Roma di più. Perché è vero che quando uno tifa una squadra come la Roma che è una grande squadra grande, non solo in Italia, ma anche in Europa – bisogna vincere qualcosa. È normale, gli ultimi ai quali si può dare una colpa sono i tifosi della Roma, perché hanno ragione. Io non posso dire niente, al di là dei media, ho sempre avuto la sensazione che loro siano vicini a me, ma è vero che dobbiamo anche dare loro qualcosa. Sono tanti anni che non vincono niente, quindi è normale. Non sono venuto qui per vendere Salah, Rudiger e Paredes ma per fare il mio lavoro. E il mio lavoro era sistemare i numeri. Piano, piano l’anno scorso abbiamo sistemato più o meno i numeri e abbiamo fatto delle vendite normali, quelle che ho pensato fossero buone per la società. Non ho la bacchetta magica: quello che ho fatto, l’ho fatto sempre nella stessa forma, lavorando con i giovani, ma anche con i giocatori già pronti. Credo che alla fine, piano piano, i tifosi e anche voi potrete cominciare a capire quale sia la mia idea. So che il tempo nel calcio a volte non arriva mai. Ma sono convinto, perché so come lavoro io e come lavorano quelli che ho attorno, che abbiamo ragione“.

E’ autocritico? Si rende conto di quando ha sbagliato?
Tanto. Io sono il più esigente di tutti con me stesso. Dico sempre che il direttore sportivo deve avere 3-4 caratteristiche. Una di queste è capire quando sbaglia e imparare da quello che ha sbagliato. È vero che ho avuto la possibilità di vincere tante cose, ma il giorno dopo sono preoccupato. Perché non mi fermo mai al successo, lavoro sempre pensando che domani il successo non arriverà. Quindi ogni giorno provo a chiedermi ‘Dove ha sbagliato Monchi?’. Io non mi nascondo mai, metto sempre la faccia, perché credo sia giusto così. Ho la fortuna, qui a Roma e a Siviglia, di lavorare con autonomia. Quindi, se sbaglio, sbaglio io. Non sbaglio per qualcosa che mi dice Pallotta. Il presidente mi ha detto: ‘Questa è la tua squadra, questa è la tua Roma, tu devi fare questo’“.

Ha fatto più cose giuste o sbagliate, da quando sei qui?
È troppo presto per saperlo. Faccio l’esempio di Dani Alves. Dopo un mese che è arrivato a Siviglia dicevano ‘Ma da dove è arrivato questo giocatore?’, e poi è arrivato dove è arrivato. Ma ce ne sono tanti di esempi del genere. Per me il primo anno è stato difficile ma abbiamo raggiunto un risultato ottimo, per come avevamo iniziato. Quest’anno è ancora presto per sapere come finiremo, perché siamo ancora vivi in tutte le competizioni. Penso che i bilanci si facciano alla fine della stagione, ma è vero, qualcosa ho sbagliato“.

Zaniolo un grande merito, come è nata l’idea?
Stavamo facendo la trattativa per Nainggolan e cercavamo due nomi, abbiamo fatto due richieste all’Inter: Zaniolo e Radu. Per Radu era già fatta con il Genoa. E non volevano vendere Zaniolo, Ausilio non è scemo. Ma loro volevano fortemente Nainggolan. Con Ausilio ho un ottimo rapporto, sapevamo entrambi che avrebbero dovuto cedere su qualcosa“.

Pensava che potesse essere subito determinante?
No“.

Perché fa il direttore sportivo?
Non lo so, mai avrei pensato di fare il direttore sportivo. Mi sono laureato per fare l’avvocato, che è quello che mi sarebbe piaciuto fare. Quando ho smesso di giocare, ho fatto il team manager al Siviglia per un anno. È stata una stagione orribile, eravamo retrocessi. in quel momento penso che nessuno avrebbe voluto fare il direttore sportivo. In quel momento il presidente me lo ha chiesto e io, che difficilmente dico di no, ho risposto di sì, senza pensare dove sarebbero arrivati, perché era un casino incredibile, la squadra era in Serie B (Segunda Division, ndr), più vicina al fallimento che ad altro. Ho iniziato così e sono arrivato fin qui“.

Il futuro di Totti?
Piano piano sta imparando tanto. E’ bravo e sveglio. Non so se farà il direttore sportivo, ma è un lavoro che gli piace. Anche quello che dice ha sempre un senso“.

Il soprannome?
Monchi è un diminutivo di Ramon, si usa in Spagna, come Pepe per José. Anche mia mamma mi chiama così, tutti mi conoscono così”.