La Roma al Meazza in stile Maginot, ma la storia si ripete sempre
INSIDEROMA.COM – FEDERICO FALVO – La Roma esce dal Meazza con una sconfitta di misura, ma pur sempre una sconfitta. Mourinho, che deve fare a meno di cinque giocatori di cui quattro titolari, schiera la Roma in modo tale da limitare i danni. Una scelta che può far storcere il naso, ma per stessa ammissione dei giocatori la partita è stata preparata così.
ZERO TIRI – Il primo tempo è solo nerazzurro. Gioca solo l’Inter ed attaccano solo loro. La Roma non entra mai nell’area di rigore degli avversari, chiudendosi in difesa quasi fosse la Linea Maginot. Inizialmente questa strategia paga, grazie anche ad un pò di fortuna; infatti il tiro dalla distanza di Chalanoglu sbatte contro la traversa. Nei primi 45 minuti è Llorente l’unico giallorosso a meritare un voto alto, abile nel chiudere su tutte le palle alte e metterci il corpo sui tiri. Sulla destra il duo Kristensen-Mancini fa quello che può contro Dimarco, mentre a sinistra il dislivello tecnico tra Dumfries e Zalewski è troppo ampio, con l’esterno giallorosso che fa molta fatica anche solo a reggere il passo dell’olandese. Fa bene anche Rui Patricio, che viene bersagliato continuamente e riesce e metterci sempre una “pezza“. Tante le conclusioni deviate in corner sia da lui che dai compagni, con Lukaku che si vede solo in questi frangenti quando di testa libera l’area.
LA RESA – Nella ripresa lo spartito è sempre lo stesso e la musica non cambia. Inter arrembante e la Roma che mantiene la Linea Maginot. Finalmente al 67’ si vede la prima conclusione giallorossa, un colpo di testa di Cristante su cui Sommer si allunga e mette in corner. La strategia di Mourinho, difendersi e colpire alla prima occasione, stava quasi per pagare. Ma alla fine, passa l’Inter, che riesce ad aggirare la difesa della Roma. Esattamente come successe alla Linea Maginot nella Seconda Guerra Mondiale, quando i tedeschi dopo diversi giorni aggirarono le difese francesi per entrare in territorio nemico e portare la Francia alla resa. Così ieri, con Asslani che lancia lungo per Dimarco per aggirare la linea giallorossa; l’esterno nerazzurro stoppa bene e mette un cross basso in area dove Thuram, per lucidità, brucia in fin qui attentissimo Llorente e deposita in rete da sotto misura. 1-0 Inter all’81’ e Roma sotto con la piccola complicità di Rui Patricio, che qualora fosse uscito dalla porta avrebbe potuto smanacciare la sfera ed evitare a Thuram di spingerla in rete. Un’ipotesi, una speranza, ma che non si è verificata. Nel finale l’Inter colpisce un altro legno con Carlos Augusto.
INERMI – Una Roma passiva quella vista ieri al Meazza. Una squadra che ha pensato solo a limitare i danni ed in parte ci è riuscita, perché il passivo avrebbe potuto essere molto più ampio. Ma allo stesso tempo è stata una Roma che ha rinunciato a giocare, o a provare di giocare. Inerme. La rabbia è per questa mancanza di voglia di giocarsi la partita, anche se sulla carta e con i giocatori a disposizione non sarebbe finita diversamente. Ma non è pensabile che la Roma non sia in grado di affrontare un avversario anche se a ranghi ridotti; soprattutto se la storia recente dell’Inter in casa ci ha detto che al Meazza prima il Sassuolo e poi il Bologna sono riusciti a fare punti (i neroverdi vincendo e i rossoblu pareggiando). Ed il tifoso, che ama questi colori e vorrebbe vedere la Roma sempre lottare, non può immaginare che Sassuolo e Bologna (con tutto il rispetto per le rose ed i loro allenatori) abbiano qualcosa in più rispetto alla loro squadra.
Ieri sera è mancata l’organizzazione, è mancata la Roma. Che tutti noi ci auguriamo si possa rivedere in campo già domenica contro il Lecce, per conquistare i tre punti e rimettersi in carreggiata. Domenica non ci saranno gli alibi dei giorni in meno di riposo o dei fischi contro Lukaku. Quelli lasciamoceli alle spalle, ripartiamo dal coro dei tifosi lanciato ieri sera al 90’: “noi non ti lasceremo mai”. Perché la realtà è questa, la Roma si sostiene sempre, sia nel bene che nel male; ma bisogna ripartire per evitare che i fischi arrivino da gli stessi tifosi che ti sostengono. Perché quei fischi, rispetto a quello del Meazza, fanno ancora più male.
a cura di Federico Falvo