(Silvia Colasanti – ONA) – “Rischio amianto: prevenzione del danno e tutela delle vittime”: questo il titolo dell’evento organizzato dall’Osservatorio nazionale amianto (che si aggiunge a tanti altri organizzati nel tempo che hanno contribuito a mantenere alta l’attenzione sulla strage silenziosa) e dal suo presidente, all’avvocato Ezio Bonanni, con il patrocinio dell’Ordine degli avvocati di Milano, che si è svolto il 30 maggio 2022, al Salone Valente del Tribunale di Milano, moderato dal Prof. Massimo Lucidi.
A Milano e in Lombardia si conta il triste “record di casi di mesoteliomi” e altre malattie gravi legate all’esposizione all’amianto e “solo nel 2021” ci sono stati “più di 2000 decessi” nella regione. E’ uno dei dati forniti da Bonanni. “Milano e la Lombardia – ha detto – sono ancora l’epicentro delle malattie di amianto in Italia per i casi di mesotelioma (più del 25% del totale in Italia) e per le esposizioni dei lavoratori e cittadini, ma la regione è anche la prima nel nostro Paese per lo smaltimento di amianto (28,6%)”.
Nesso di causalità tra l’esposizione all’amianto e le patologie asbesto correlate ancora al centro del dibattito giuridico e scientifico.
“Considerare l’importanza della pietà verso Caino, ma anche ottenere giustizia per Abele”. Così l’avvocato Bonanni ha riassunto in una frase quello che è un desiderio, ma anche un obiettivo suo e dell’Ona, ” E – prosegue Bonanni – i lavoratori esposti all’amianto e le famiglie delle vittime, giustizia non l’hanno avuta, se non singolarmente e dopo lunghi ed estenuanti procedimenti giudiziari. Men che meno in sede penale dove dimostrare la responsabilità di certi datori di lavoro e di alcuni comparti delle Forze Armate che hanno utilizzato l’amianto quando già se ne conosceva la pericolosità, senza prevedere neanche misure di protezione e senza informare gli operai o i militari, è davvero difficile”
“Se non ci fosse l’Ona nessuno parlerebbe dei morti per amianto e patologie asbesto correlate: un grosso peso per la comunità e per le coscienze anche se non particolarmente rilevante a livello numerico. Se non ci fosse l’Ona le vittime sarebbero soltanto numeri all’interno di statistiche che nessuno andrebbe a guardare”, ha sottolineato la presidente della nona sezione penale del Tribunale di Milano, Mariolina Panasiti, magistrato specializzato in processi per reati ambientali.
Un lungo intervento di Panasiti che ha quindi affrontato il nocciolo della questione: “Gli uffici inquirenti hanno tentato negli ultimi anni delle interpretazioni lodevoli, arrivandovi anticipando la soglia di punibilità, ravvisando nei reati di omicidio colposo individuando l’omissione e interpretandola in senso quasi di reato di pericolo e non come reato di evento, e cercando di lavorare sul nesso di causa difficile da provare se c’è un periodo di latenza di 50 anni. In questo periodo di latenza ci può stare tutto. Soprattutto per quelle di inquinamento ambientale, nelle strutture dove si prestava attività lavorativa, fin quando la scienza non ci dà una lettura specifica. Il nesso di causa, però, nel diritto penale deve essere necessariamente provato, il fine non può giustificare i mezzi. È un principio fondamentale dello Stato di diritto e della democrazia”.
Nonostante il sostituto procuratore della Repubblica di Milano, Maurizio Ascione, fosse d’accordo con la presidente Panasiti, ha sottolineato nel suo intervento come si tratti di una materia dolorosa. E come “i limiti insuperabili per ragioni giuridiche debbano comunque trovare una soluzione che vada oltre, attraverso una soluzione a tutti i livelli. Paesi come Francia e Germania liquidano le vittime con una certa somma destinata a chi dimostra di aver lavorato in siti contaminati. Qualcosa bisogna fare, i principi del diritto, non possono significare la messa da parte dei diritti di Abele. Questo non toglie neanche il dovere di investigare questioni ambientali, che non riguarda solo gli operatori chiusi per decenni in una fabbrica”.
Nicola De Marinis, consigliere presso la Corte di Cassazione, lo ha confermato. “In tema di omicidio colposo tra lavoratori esposti ad amianto con malattie polmonari, pur non potendo dire con certezza quando è nata la malattia, non viene meno la tutela del diritto”. In sede civile in primis, perché “fa agio il comportamento omissivo rispetto alle misure di sicurezza. Se la situazione di pericolo c’è e tu datore non ti sei adoperato a contenerla è quello che conta. Il pregiudizio c’è stato e a quella condotta si può attribuire una responsabilità alla causazione del danno. Questa è la tendenza anche sul versante previdenziale”.
A chiarire il quadro arriva, come spesso accade la scienza, quella valida a livello accademico. Gli studi condivisi in tutto il mondo e pubblicati nelle sedi opportune. Ne sono convinti il professor Morando Soffritti e il Dott. Paolo Ricci, ctu per la Procura. “Ci sono due coperture scientifiche – ha iniziato il suo intervento Soffritti con una prima stoccata – una basata sui dati e poi un’altra basata sulla diffusione del dubbio. Coloro che si propongono di mettere continuamente in discussione insinuando il dubbio hanno una forza che gli altri non hanno”. Negli anni 70 uno studio dimostrò che tutte le fibre di amianto erano cancerogene. Immediatamente fu contrastato con la teoria che il crisotilo non fosse in realtà dannoso. Soltanto anni più tardi tutti si convinsero del contrario.Il secondo concetto che viene dibattuto è quello della pericolosità delle le esposizione cumulative e cioè che tutte le esposizioni contano nella formazione della malattia. “Questo – ha continuato il professore – è sotto gli occhi della criticità del secondo plotone”.
Dello stesso avviso Ricci, che si è detto “sorpreso del fatto che aleggia l’idea che la comunità scientifica sia divisa, cosa che non è. Vuol dire che i difensori di Caino hanno fatto un ottimo lavoro.Ribadisco quello che ha detto Soffritti: le affermazioni che hanno valore scientifico non sono affermazioni ‘ex cathedra’, che non hanno fondamento in termine di letteratura scientifica. La teoria multistadio – ha dichiarato poi entrando nel merito – ci dice che il processo neoplastico non è un colpo di pistola. Le cose sono più complesse, il tempo che passa tra il colpo di pistola e la malattia è lungo. Ma ha un suo ordine. La teoria multistadio ci dice che ci troviamo di fronte un processo per cui la cellula, secondo stadi progressivi si modifica fino ad arrivare, dopo tanti anni alla sua malignità.
. Chi ha approfondito la cancerogenesi – rileva ancora Ricci – trova il massimo dell’evidenza scientifica e non è possibile che 4 studi che non hanno la stessa autorevolezza possano mettere in crisi qualcosa che è assolutamente pacifico. È veramente paradossale.
Fondamentali anche gli interventi del Dott. Roberto Pellegrini, che ha spiegato cosa significhi oggi “Comunicare la sostenibilità” nei nostri giorni e dell’avvocato Giuseppe Colucci che ha partecipato attivamente all’organizzazione dell’evento. Il suo intervento è stato mirato al “nesso di causalità e la responsabilità civile in materia di danni da amianto”.
L’Ona da anni si batte per le vittime amianto e per la prevenzione realizzando anche una App per le segnalazioni. Offre poi una fondamentale consulenza gratuita anche attraverso il numero verde 800 034 294.