(MASSIMO PAPITTO -INSIDEROMA.COM) – Partiamo dalla fine per analizzare la sconfitta di Parma e partiamo da un particolare: cavolo, Cornelius ci segna sempre. Sempre a noi. L’ultima volta era toccato con l’Atalanta nel primo anno di gestione Di Francesco e sempre per una sconfitta di 2-0 questa volta però all’Olimpico. Cornelius quando vede la Roma vede il diavolo. Non c’è nulla da fare e da dire. La storia giallorossa è piena di calciatori meteore o semi-meteore che sono diventati per una giornata carnefici. E’ incredibile.
Detto questo però, sarebbe ingeneroso pensare alla sconfitta di Parma come una sconfitta soltanto accostabile alla prestazione di Cornelius. C’è stato dell’altro: c’è stata una Roma che per la prima volta in stagione ha fatto veramente fatica a trovare la via della rete. Una Roma che ha fatto fatica a produrre azioni, gioco e che ha corso poco e male. Sarà stata stanchezza fisica come si sente dire anche da mister Fonseca? Può darsi di si. Stanchezza fisica e poi però anche mentale, perché non puoi giocare sempre a mille se tre giorni prima hai dovuto fronteggiare la prima in classifica nella Bundesliga (il Borussia Moenchengladbach) e che ha vinto di largo anche domenica all’ora di pranzo contro il Werder Brema consolidando il primato nel campionato tedesco.
La Roma in questo mese e più di emergenza ha fatto molto, forse troppo rispetto ai calciatori che aveva a disposizione e alle risorse che gli erano rimaste e forse appunto per questo le aspettative si erano alzate. Ha vinto partite inaspettate (quella con il Napoli ne è l’esempio) e ha vinto partite con grandissima naturalezza come ad Udine e con il Milan. Ha alzato l’asticella in un momento delicato facendo credere di essere forte anche in emergenza con un Dzeko infinito nonostante fosse “mascherato”, un Mancini straordinario nel ruolo di diga davanti alla difesa e un Pastore clamorosamente rigenerato. Tutte cose che avevano fatto pensare ad una Roma forte e indistruttibile senza pensare però al rovescio della medaglia che poi puntualmente è arrivato. A Parma la Roma ha accusato. Ha accusato di colpo tutta questa emergenza di giocatori infortunati e ha accusato la stanchezza di quelli che hanno dovuto “tirare” come matti per colmare l’assenza degli altri. Si è vista di botto una Roma prevedibile e non coraggiosa come la si era ammirata in precedenza. Si è tornati sulla terra e si è fatto i conti con la realtà.
La Roma se vorrà essere competitiva per i posti Champions da qua a fine stagione avrà bisogno di tutti i suoi calciatori più importanti (Pellegrini e Mkhitaryan su tutti). Avrà bisogno del miglior Dzeko in zona gol, avrà bisogno di Mancini in difesa accanto a Smalling e avrà bisogno di poter attingere alla panchina quando sarà necessario farlo. Il calcio oramai viaggia a ritmo di una partita ogni tre giorni e giocare sempre con gli stessi undici non è più immaginabile. A Parma, in un pomeriggio amaro, la Roma se ne è resa conto sulla propria pelle ma niente però è ancora irrecuperabile. Basta soltanto ritornare compatti e orgogliosi.