Come combattere i presidenti che pensano solo al business
INSIDEROMA-COM – ROBERTO CONSIGLIO – L’AS Roma, una delle squadre di calcio che, almeno finora, può contare su una dei lati più importanti che il mondo del pallone conceda: l’amore incondizionato dei suoi tifosi. Purtroppo anche questa sicurezza, dopo le scellerate scelte societarie riguardanti il rinnovo del capitano Daniele De Rossi, sembra non essere più così solida come pochi giorni fa.
Nelle ore passate, infatti, è andata in scena una forte contestazione, fuori dai cancelli del centro sportivo di Trigoria, da parte di alcuni gruppi di ultras romanisti della Curva Sud, il settore più caldo del tifo giallorosso. Nelle prossimi giorni, a parere di chi scrive, questa contestazione andrà molto probabilmente avanti finchè non farà capire al numero uno americano quale siano i sentimenti che, oramai, la maggior parte dei supporter della squadra capitolina provano contro di lui.
Quella della Roma, però, non è una situazione nuova al mondo del pallone attuale. Sono infatti molti gli esempi di boicottaggio che i tifosi di determinate squadre, sia nazionali che internazionali, hanno portato avanti nei confronti delle società che tifavano per far vedere il loro disappunto su alcune scelte prese.
Di seguito ne riepiloghiamo alcuni esempi:
Manchester United:
Nella città inglese la squadra più blasonata, lo United, ha concluso una stagione molto al di sotto delle aspettative. I Red Devils, infatti, non sono riusciti a qualificarsi per la prossima edizione della Champions League.
I tifosi dell’Old Trafford, delusi da traguardi raggiunti, hanno deciso di dar vita ad una clamorosa iniziativa social. Essa è stata denominata “UnfollowManUnited” e, nelle ore dopo l’ultima partita di Premier League degli uomini di Solskjaer, ha fatto registrare un calo consistente dei seguaci sul social network Twitter della società.
Tutto questo ha avuto delle ragioni logiche ben precise. Secondo i tifosi dei Red Devils, nell’ambito societario, sono venuti meno alcuni valori legati ai risultati raggiunti sulla squadra in campo. Tutto questo perchè, oramai, la società stessa avrebbe messo davanti ai risultati sportivi i fattori economici.
La risposta a tale iniziativa è stata massiccia. In poche ore, infatti, quasi 5000 mila seguaci del Manchester United hanno tolto “il follow” al profilo Twitter dei Red Devils.
Gli stessi supporter dello United, pochi anni fa, si erano dati da fare per dar vita ad una squadra a cui importasse, come è ovvio che sia, anche dei risultati raggiunti sul campo. Per questo avevano fondato, di propria iniziativa, un team che, sotto vari punti di vista, rientra appieno in quell’ambito del cosiddetto”calcio popolare”.
Questo neonato team: l’FC United of Manchester, è decritto come “lo United in mano alla working class”.
All’interno di questo club tutto si decide democraticamente, in gruppo, tramite vere e proprie assemblee a cui partecipano i vari tifosi-soci. L’intento di tale iniziativa è ben chiaro: si vuole recuperare il legame con i tifosi, con la comunità, con il territorio, tramite un approccio partecipativo che viene direttamente dal basso.
Chelsea:
Sempre nell’ambito del campionato di Premier League anche un altro importante team, il Chelsea di Londra, ha dovuto affrontare una campagna di boicottaggio da parte dei suoi tifosi più fidati. Questa volta, la protesta, aveva un obiettivo ben preciso da mirare: l’allenatore Maurizio Sarri che, per alcuni degli spettatori di Stamford Bridge, avrebbe preso decisioni sbagliate riguardanti la squadra.
Per far sentire il loro disappunto alcuni supporter hanno messo in vendita il loro abbonamento per le restanti gara casalinghe del team di Roman Abramovich.
Per l’esattezza sono stati centinaia coloro che hanno deciso di boicottare, da inizio aprile in poi, gli incontri casalinghi dei Blues. Il numero di assenti variava a seconda del match: dai 150 per il match contro il Brighton fino ai 700 per la gara tra il Chelsea e ilBurnley.
Palermo:
Anche in Italia ci sono stati casi simili a quello del Chelsea: ad esempio quello del Palermo, l’ex società di Maurizio Zamparini. In questo caso, però, il boicottaggio è avvenuto prima dell’inizio della stagione calcistica e non a campionato in corso.
Era infatti il luglio 2017 quando, per mostrare il proprio dissenso verso alcune scelte della presidenza Zamparini, i tifosi della Curva Nord dello stadio Renzo Barbera, cuore pulsante del tifo rosanero, decisero di non rinnovare il proprio abbonamento allo stadio per la stagione successiva. Solo ora l’imprenditore veneto si è fatto da parte vendendo la società ad Alessandro Albanese. La sua gestione della squadra però ha lasciato più di qualche dubbio e, per tale ragione, si è deciso di retrocederla in serie C.
Tutto ciò, nonostante, la squadra allenata da Delio Rossi abbia chiuso il campionato in terza posizione. Grazie a questo traguardo, il team siciliano, avrebbe dovuto giocare altre partite per tentare la promozione in serie A.
Napoli:
Un’altra importante squadra del campionato italiano, il Napoli, ha dovuto affrontare, e sta affrontando tuttora, una contestazione dei suoi tifosi. Ad inizio aprile gli ultras partenopei, stanchi del continuo rincaro dei prezzi dei biglietti decisi dal presidente De Laurentiis senza un reale motivo, hanno iniziato una protesta che prevede di lasciare vuoti, durante le gare interne, molti seggiolini dello stadio San Paolo.
Gli stessi gruppi ultras azzurri, prima del match casalingo con la Fiorentina di inizio aprile, hanno esposto uno striscione dal contenuto emblematico all’esterno del San Paolo: “vogliamo il settore popolare“. Come se non bastasse poi, sui social network è continuata la protesta nei confronti della scelta del Napoli sui prezzi dei biglietti.
Questa è una vera e propria situazione insolita per gli azzurri abituati ad essere trascinati dai propri tifosi, vero e proprio dodicesimo uomo in campo, durante ogni partita giocata nell’impianto di Fuorigrotta.
Genoa:
Un forma di protesta accesa sta interessando, nelle ultime settimane, anche una delle squadre più antiche dell’attuale campionato italiano: il Genoa FC fondato nel lontano 1893. Il club di Enrico Preziosi, infatti, è stato letteralmente lasciato solo dai suoi tifosi durante le partite in casa giocate allo stadio Luigi Ferraris.
Tutto questo perchè, secondo la visione dei supporter rossoblu, il presidente Preziosi sa portando avanti solamente i propri interessi personali e non quelli reali della squadra allenata da Cesare Prandelli.
A fine aprile, durante il match tra Spal e Genoa, giocato allo stadio Paolo Mazza di Ferrara, i supporter genoani hanno dato vita ad una ulteriore forma di protesta. In quell’occasione i tifosi del Grifone sono rimasti fuori dai cancelli dell’impianto estense lasciando completamente vuoto il settore ospiti a loro riservato.
Un fatto non proprio gradito dalla squadra del capoluogo ligure che, proprio in queste ultime giornate di campionato, si sta giocando il proprio destino per arrivare ad una salvezza che, al momento, sembra abbastanza difficile da raggiungere.
Real Madrid:
Anche il club della capitale spagnola, vincitore delle ultime tre edizioni della Champions League, ha subito una forma di protesta da parte dei suoi tifosi più fidelizzati, conosciuti con il termine di “aficionados”. Tutto questo non certo per i risultati raggiunti sul campo.
La causa è stata dettata da una scelta di marketing. Il club di Florentino Perez, infatti, pensando a nuove strategie di business per restare al passo con i tempi ed incrementare i propri introiti, ha preso una scelta che è stata malvista dai suoi supporter più tradizionalisti: il cambio dello stemma.
La società spagnola, per l’esattezza, nel gennaio 2017, con la scusa di andare incontro alle esigenze di un mercato ricco come quello arabo, ha tentato di creare una seconda versione dello stemma, togliendo la croce dal simbolo che si trova sopra la corona. La risposta di chi sedeva sugli spalti del Santiago Bernabeu non si è fatta attendere.
Durante la partita di campionato tra le Merengues e la Real Sociedad è stato, infatti, esposto uno striscione: “Lo stadio e lo scudo non si toccano. Rispetto per la storia”. Di seguito, tale polemica, è sfociata anche sui canali social.