Di Francesco: “Ecco cosa cambierei della semifinale con il Liverpool”
Eusebio Di Francesco ha parlato della stagione in cui allenava la Roma e raggiunse la semifinale di Champions League in una videolezione col presidente dell’Aiac Renzo Ulivieri:
Ci racconti di quella notte magica contro il Barcellona?
“Il 10 aprile 2018 fu una serata fantastica. Cercai di proporre un modulo diverso e questo pensiero mi venne dopo l’andata dove avevamo si perso 4-1 ma a mio avviso non demeritando per almeno 70 minuti. Negli ultimi momenti della partita al Camp Nou faticavamo a mantenere le distanze e a dare certe coperture sugli esterni, così uscì fuori la loro qualità. Al ritorno misi in campo quindi tre difensori e due trequartisti dietro la punta. I ragazzi erano convinti di quello che avremmo fatto, tenendo più alti i quinti Florenzi e Kolarov e senza temere l’uno contro uno in difesa. Ho sentito dire che all’Olimpico non si presentò il vero Barcellona, io dico che siamo stati bravi a impedire loro di giocare”.
Difensivamente che criteri avevi adottato?
“A chiudere i buchi ho scelto Manolas centrale piuttosto che Fazio, dato che il greco è più veloce e legge meglio le giocate. A Federico ho detto di liberarsi spesso in avanti e lui come un soldato ha seguito alla lettera i miei input. Nel corso della gara ho notato che gli spagnoli stavano lavorando male difensivamente, non di reparto ma solo di giocate dei singoli e così abbiamo preparato l’occasione del primo gol di Dzeko e del rigore procurato proprio da Edin. Non ho puntato a marcare un loro uomo nello specifico ma ho fornito ai miei giocatori dei concetti di base“.
Da una pagina felice ad una triste, quanto hai accusato la sconfitta in semifinale contro il Liverpool?
“Siamo partiti per Liverpool con l’idea di giocare con loro come avevamo fatto contro i catalani, riproposi quindi la difesa a tre e per la prima mezz’ora direi che è andata bene, poi però sono saliti pressione e paura e abbiamo iniziato a prendere gol pur passando a quattro dietro. Ci è mancato del coraggio credo. Molte volte ho ripensato a quell’incontro e che dire, se tornassi indietro probabilmente cambierei qualcosa. L’interazione col gruppo era perfetta ai tempi e ci confrontavamo spesso quindi se non fossero stati convinti di giocare così me lo avrebbero detto”.