Dimmi chi era il Barone
Quando si parla di Nils Liedholm si racconta uno dei pezzi più importanti della storia della AS Roma, una delle figure che più hanno contribuito nel corso degli anni ‘80 a far vivere un sogno farcito di gloria e successi al popolo romanista. Liedholm che come sottolinea la derivazione del suo soprannome, barone, era un uomo libero e guerriero, ma soprattutto una figura che ha rappresentato un unicum nel panorama calcistico non solo italiano ma mondiale. Oggi in quello che sarebbe stato il suo 103° compleanno vogliamo festeggiarlo e onorarlo, rendendogli omaggio, con un articolo sull’uomo che era e il suo taglio psicologico.
Breve biografia
Come detto, Nils Liedholm nasce a Valdemarsvik in Svezia l’8 Ottobre 1922 da una famiglia che gestiva una segheria in città. Liedholm non solo fu un forte calciatore e uno straordinario allenatore, ma era un grande sportivo, giocando infatti anche nella squadra di bandy (sport simile all’hockey sul ghiaccio) della sua città natale. Arrivato nel mondo del calcio relativamente tardi in quanto prima dei successi sportivi, lavorava come ragioniere presso uno studio di consulenza fiscale, professione che poi abbandonerà per dedicarsi alla carriera calcistica.
Regista intelligente, venne presto soprannominato il barone per il modo elegante con cui scendeva e giocava in campo e dopo i primi passi mossi in Svezia in cui riuscì a conquistare due campionati svedesi con la casacca del IFK Norrköping e successivamente venne notato dal Milan che decise di acquistarlo e dove concluderà la sua carriera agonistica e con il quale conquisterà quattro scudetti e due coppe latine.
In nazionale giocherà invece 23 partite con 12 reti all’attivo, stabilendo tra gli altri un record, che ancora detiene, di marcatore più anziano in una finale di Coppa del Mondo all’età di 35 anni e 264 giorni, gol che siglò nella finale persa contro il Brasile nei mondiali del 1958.
Una volta detto addio al calcio giocato avvenuto nel 1961 intraprenderà l’avventura da allenatore che lo porterà in diverse piazze tra le quali Milan, Verona, Monza, Varese, Fiorentina e soprattutto in tre distinte occasioni la Roma e che lo porterà alla conquista di due scudetti (con Roma e Milan), 3 Coppe Italia tutte con i giallorossi e un campionato di Serie B con il Varese. Dal 2016 inoltre è entrato a far parte della Hall of Fame del calcio italiano.
Dopo la conclusione della sua carriera calcistica si dedicò alla cura dei vigneti e all’azienda agricola che gestiva in Piemonte insieme alla sua famiglia, precisamente a Cuccaro Monferrato in provincia di Alessandria.
Viene a mancare il 5 Novembre del 2007 all’età di 85 anni ed ora riposa nel cimitero monumentale di Torino, città Natale di sua moglie, la contessa Maria Lucia Gabotto di Sangiovanni.
Il suo profilo psicologico
Nils Liedholm si è sempre contraddistinto per la sua eleganza e la ficcante ironia, distaccandosi dal classico clichè che spesso accompagna le figure calcistiche.
Utilizzava spesso il suo forte senso dell’umorismo e sarcasmo per sdrammatizzare, cosa non semplice in un mondo, quello del calcio, dove le pressioni sono sempre molto alte. Questa sua caratteristica fa emergere quindi come fosse in possesso di un’ottima intelligenza emotiva che rappresenta l’insieme delle abilità che consentono di comprendere, riconoscere e gestire le emozioni proprie e quelle degli altri nella maniera più efficace. Degne di nota alcune delle sue più celebri frasi tra le quali: “Una volta a San Siro avevamo segnato subito e siamo rimasti in dieci. Ho toccato palla solo tre volte in tutta la partita… però ogni volta l’ho tenuta venti minuti”.
Dotato di forte leadership riusciva a mantenere spesso la calma anche nei momenti in cui la tensione era massima. Sia da giocatore che da allenatore non si lasciava trascinare da facili isterismi mostrando quindi forti doti di autocontrollo che si accompagnavano ad una certa dose di consapevolezza nelle sue qualità. Celebre la sua frase che racchiude l’essenza della disciplina intrinseca del barone: “Non mi arrabbio con i miei giocatori. Al massimo li invito a riflettere”.
La sua tranquillità la si può riscontrare anche attraverso l’analisi del gioco delle sue squadre, difatti il suo essere riflessivo l’ha portato a raggiungere traguardi in quanto infondeva ordine e tattica ai suoi ragazzi, favorendo un approccio basato sulla comprensione del gioco a discapito dell’estemporaneità, preferendo quindi il gioco di squadra e l’aspetto tecnico. Da tale modo di affrontare le gare emerge quindi una personalità dotata di un grande pensiero logico, e questo lo si può dedurre da un’altra frase emblematica pronunciata: “Nel calcio, chi ha la palla ha un vantaggio: può decidere cosa fare”.
Tatticamente preparato fu un innovatore ed un precursore di quello che poi sarebbe diventato il calcio moderno, tra i primi infatti a proporre nel calcio italiano la difesa a zona basandosi e utilizzando a modello la nazionale brasiliana e quella olandese. A conferma di tale novità riprendiamo le parole di uno dei calciatori più influenti non solo degli anni 80 ma in generale della storia calcistica mondiale, ovvero quelle che pronunciò un certo Paulo Roberto Falcao, il divino: “È stato il primo a insegnare la zona in maniera vincente in Italia. Tutto è cominciato con lui: era decisamente avanti rispetto a tutti gli altri allenatori del campionato italiano”.
Anche se amava giocarci sopra, era un astuto stratega, note le sue frasi: “Gli schemi sono belli in allenamento: senza avversari riescono tutti” e “Il possesso di palla è fondamentale: se tieni il pallone per 90 minuti, sei sicuro che l’avversario non segnerà mai un gol”, è risultato quindi essere
Uomo rispettato ma mai temuto. Questa era la forza del Barone, la sua capacità di entrare nella testa dei calciatori con il suo fare che sembrava flemmatico ma che al tempo stesso era incisivo, carismatico, sempre disponibile al dialogo, risultava essere autorevole ma mai autoritario, comportamento utile se si punta alla crescita personale e umana negli altri individui.
Si racconta di come non alzasse mai la voce ma che al contempo riusciva a farsi capire, e se anche un certo Nereo Rocco, che di spogliatoi ne capiva, gli riconobbe tali meriti, beh allora non si può non credergli. Disse di lui infatti ai tempi in cui giocava nel Milan: “Quel mona del Barone può dire quello che vuole e tutti gli credono!”.
Riconosciuto da tutti come un maestro nell’accezione più pura, è risultato essere modello per alcuni di quelli che oggi celebriamo tra i migliori tecnici in circolazione.
Era convinto infatti dell’influenza e importanza della tecnica individuale e considerava fondamentale allenare il “piede” dei suoi calciatori. Di se stesso parlò cosi: “Da casa a scuola erano sette chilometri. Ebbene, da ragazzino li percorrevo a piedi, dietro un sasso che colpivo ripetutamente con i piedi. Sempre quello, per sette chilometri”, segno evidente di una grande disciplina e costanza, che riuscì a trasmettere anche ai suoi ragazzi, Carlo Ancelotti dice dice di lui: “Credo sia evidente che da lui ho imparato moltissimo. È stato ed è tuttora, il mio riferimento più importante nel mondo del calcio”.
Il ritratto che esce fuori è quello di un personaggio molto razionale, ma anche lui come tutti aveva un lato emotivo che faceva emergere e che non nascondeva, era particolarmente superstizioso. Si dice che possedesse diversi amuleti e cornetti che nascondeva sia negli armadietti, sia nelle tasche del giubbotto. Si affidava inoltre ad alcuni riti scaramantici come la consegna delle maglie, anedotto tra gli altri confermato da Pietro Vierchowod: “Liedholm era molto superstizioso. Sulle maglie, ad esempio. Non potevamo prenderle, doveva consegnarle lui. Una volta, l’ho strappata dal mucchio, tanto sapevo il numero. Mi ha guardato malissimo: “Se succede qualcosa la colpa è tua. Non farlo più, capito?” Un’altra volta mi metto, per sbaglio, il suo cappotto: nelle tasche c’era di tutto. Ma proprio di tutto: sale, ciondoli, amuleti, boccettine, cornetti. Uomo fine e ironico ma credeva a queste cose”.
Viste le sue straordinarie doti umane è stato istituito nel 2011 il Premio Liedholm, che rappresenta il riconoscimento annuale che con cui viene premiata una personalità dello sport che si è contraddistinta per lealtà, correttezza, signorilità e trasparenza, ovvero tutte le caratteristiche che vengono alla mente appena si pensa al Barone.
Con questo articolo si è cercato di celebrare uno dei monumenti del calcio della Roma, ma anche onorare la memoria di un personaggio che al calcio ha dato tanto e di cui sarebbe bello averne sempre tanti. Auguri Barone e grazie per tutto.
dott. Emanuele Capone
(psicologo – psicoterapeuta)