MASSIMO PAPITTO – Paulo Fonseca un po’ come Rudi Garcia nella stagione 2013-2014. Il tecnico dello Shakhtar Donetsk è considerato nell’ambiente del calcio internazionale uno dei tecnici emergenti migliori in circolazione.
Portoghese di passaporto, nato in Mozambico nel 1973, Fonseca ha nel suo curriculum la fama di allenatore offensivo ma al punto giusto, capace di lavorare con i giovani e di plasmare talenti, oltre che di raccogliere trofei e successi dove si creano le opportunità per poterlo fare tipo in Ucraina nello Shakthar che da quando è arrivato lui ha saputo solo vincere. Un dettaglio non da poco in un club come la Roma che deve ripartire quasi da zero dopo la mancata qualificazione alla Champions League e che in questo momento necessita di concretezza e di idee innovative ma chiare e ben riconoscibili.
Fonseca alla guida dello Shakhtar Donetsk ereditato da Mircea Lucescu, è stato capace di vincere per tre volte di fila il titolo nazionale unendo a questo anche tre coppe nazionali ucraine e una supercoppa. Chiaramente i successi sono stati ottenuti alla guida della squadra più forte del movimento dell’Est in questo momento, ma a lui veniva anche chiesto di non far rimpiangere il predecessore che è considerato un’icona a Donetsk e non solo. Obiettivo raggiunto.
Vincere non è mai facile. Una vittoria va considerata sempre importante ovunque tu vada a centrarla. In più il tecnico portoghese ha fatto parlare anche di se in Champions League guidando la squadra agli ottavi di finale di Champions League nel 2018 proprio contro la Roma e togliendosi anche il lusso di battere il Manchester City di Guardiola nel girone. Anche in Portogallo, in condizioni diverse e agli albori della sua carriera, è stato capace di vincere: una Coppa del Portogallo alla guida dello Sporting Braga nel 2016 e prima ancora (2013) una Supercoppa con il Porto. Il profilo, insomma, è adeguato e anche vincente.
Lo Shakhtar che Fonseca ha portato in giro per l’Europa con profitto negli ultimi anni è una squadra che incarna il suo pensiero di calcio. Gioco offensivo ma compatto, il 4-2-3-1 come modulo base, l’ispirazione a Guardiola e il tentativo di costruire sempre qualcosa di propositivo e di ben riconoscibile. A questo aggiunge anche una personalità e un carisma importante e doti anche istrioniche non indifferenti: è celebre la sua maschera di Zorro in conferenza stampa dopo aver battuto il Manchester City nel dicembre 2018 in Champions League, guadagnando così l’accesso agli ottavi di finale e tenendo fuori il Napoli di Maurizio Sarri.
Alcuni giocatori grazie alla sua guida tecnica sono migliorati moltissimo e hanno raggiunto standard europei importanti: i vari Fred (acquistato poi dal Manchester United), Bernard, Marlon, Taison gli esempi più importanti. Un lavoro lungo e di grande profitto sul campo. Un po’ quello che serve in questo momento alla Roma delusa dall’ultima stagione e con un progetto che – per l’ennesima volta – deve ripartire quasi da zero.