Errori arbitrali continui: l’Uefa che fa? E’ forse ora di ripensare il sistema
(Avv. Marco Valerio Verni – INSIDEROMA) – Prima l’arbitraggio a dir poco discutibile contro la Roma, nella finale di Europa League dello scorso 31 maggio, poi quello contro la Fiorentina, in quella di Conference, di qualche giorno più tardi, poi, ancora, quello contro l’Italia Under 21, nella prima partita del campionato europeo di categoria contro i cugini transalpini. Che succede? Che l’Uefa, invece di chiedere scusa e correre ai ripari, decida, da una parte,di squalificare per il prossimo anno Mou per quattro giornate, vietare la trasferta ai tifosi capitolini, ordinare la chiusura parziale dell’Olimpico e multare la Roma che dovrà anche ripagare i danni della Puskas Arena; dall’altra, di sorvolare, sostanzialmente, sul caso della Fiorentina (è normale, a quanto pare, che un calciatore venga colpito da un oggetto, durante una partita, rimanendo ferito) e, per quanto riguarda l’Italia U21, pensare di introdurre con urgenza, ed in corso di torneo, la VAR.
Nel frattempo, però, il danno è fatto, perché il nostro calcio ha subito pesanti conseguenze a seguito degli arbitraggi di cui sopra sia nel suo insieme (e forse qui, sarebbe stato opportuno un maggior piglio da parte delle nostre autorità sportive e calcistiche nazionali), sia nei casi singoli (la Roma e la Fiorentina hanno perso le rispettive finali, mentre l’Italia è uscita sconfittadal suo esordio contro la Francia, trovandosi ora un percorso pericolosamente in salita per la sua qualificazione alla fase successiva).
Nessuna ammissione di colpa vera, che peraltro a nulla sarebbe valsa, visto che il regolamento attuale non prevede alcuna possibilità, generalmente parlando, di rigiocare una partita, seppur viziata, nel suo risultato finale, da evidenti e gravi errori dei fischietti, valutati tali, se non in campo, neanche da una disamina ex post.
Anzi, per rimanere in casa giallorossa, la beffa è che il contestatissimo Taylor è stato addirittura inserito nella lista degli arbitri Elite, un gruppo in cui sono presenti le eccellenze dei direttori di gara europei e che viene stilato al termine di ogni stagione dall’Uefa stessa.
Stiamo al paradosso: chi si lamenta per evidenti errori, viene punito. Chi sbaglia, per quegli stessi evidenti errori, non solo non subisce alcuna conseguenza, ma viene addirittura premiato.
Beninteso: c’è modo e modo di protestare, e forse Mourinho ha esagerato, così come- lo si è detto in altra occasione– lo han parimenti fatto alcuni tifosi romanisti all’aeroporto di Budapest, quando lì, all’indomani della finale in discussione, hanno incontrato l’arbitro inglese in questione (già maltrattato dallo Special One il giorno prima, sia in conferenza stampa che nel sottopancia dello stadio ungherese) con la sua famiglia. Ma vi è anche il discorso del cane che si morde la coda: in gioco ci sono emozioni, sacrifici, e denari; per una società di calcio, vi sono anche risvolti finanziari importanti.
E vi è, intorno a tutto ciò, un indotto, fatto anche di immagine di un Paese, come il nostro, contro ilquale viene anche il dubbio di pensare che ci sia un atteggiamento alquanto ostico, per usare termini eufemistici.
Si sa, oggi il calcio non è più solo l’undici contro undici che si vede in campo: non lo è mai stato, chiariamoci, ma ai tempi odierni vuol dire molto di più, potendo sottendere anche finalità di altra natura, al di là di quelle meramente sportive, anche a causa degli assetti societari delle stesse società, alcune delle quali quotate addirittura in borsa, con proprietà delle stesse sempre più in mano a imprenditori stranieri o a sponsor che travalicano, ed anche di molto, i confini nazionali.
Tramite le quote societarie di una squadra di calcio si possono, nel bene e nel male, influenzare molte altre situazioni, ed è l’indotto di cui pure si parlava più sopra.
E veniamo al punto:stante quanto sopra, è ora di ripensare al sistema. In un’epoca iper-tecnologica in cui l’arbitro è affiancato dal(l)a VAR, e che può rivedere più e più volte un episodio dubbio o contestato, oltre alla intramontabile moviola del post-partita, pur’essa sempre più all’avanguardia, non è più ammissibile l’errore grave e, magari, ripetuto. L’assunto secondo il quale un errore di valutazione, essendo soggettivo, non possa portare, magari, alla ripetizione di una partita, poteva essere certamente vero dieci anni fa, quando il giudice di gara non era sicuramente nella miglior condizione per poter vedere una azione da mille angolazioni; ma oggi, come detto, che la tecnologia ha raggiunto livelli molto alti e dettagliati, sia durante che dopo un match, questo discorso non può più valere in assoluto. Un arbitro che sbaglia in maniera grave ed oggettiva, deve subire le giuste conseguenze e la squadra che perde a causa del suddetto dovrebbe poter avere una seconda possibilità o, se questo proprio non fosse possibile, la relativa società, almeno, dovrebbe avere la chance di chiedere ed ottenere un risarcimento di natura civilistica.
Una provocazione, si dirà: beh, se consideriamo che la stessa Lega Calcio, in Italia, è stata portata in tribunale per una decisione del(la) VAR, poi rivelatasi errata, per aver fatto perdere l’introito di una scommessa ad un privato cittadino (che, però, era anche avvocato), allora forse, a maggior ragione, la strada indicata potrebbe essere- perché no- ed al netto delle necessarie riflessioni- ci mancherebbe- del tutto percorribile.
A meno che non si segua, anche qui, l’italico pensare secondo cui chi è chiamato a giudicare della vita e dei destini delle persone (e anche l’arbitro, a suo modo, fa questo, stante pure tutto quanto sopra detto) non debba esser chiamato a rispondere direttamente dei suoi eventuali errori gravi.
La Roma, dal canto suo, e per venire “a casa nostra”, dovrebbe forse alzare la voce proprio a livello societario: il nervosismo della panchina capitolina, probabilmente, che pure sembra aver avuto la sua importanza nella comminazione delle pesanti sanzioni dell’Uefa accennate all’inizio, è derivato anche da questo. Chi non si sente difeso, è costretto a farlo da solo. E non è possibile che, a metterci la faccia, come si suol dire, in questi lunghi mesi, sia stato sempre e solo l’allenatore, perché poi il terribile rischio è quello che, al dunque, si è trasformato in tragica realtà: una squalifica lunghissima del mister che, certamente, bene alla squadra non farà.
Non ci si può, dunque, che unirsi alla sua richiesta di assumere in servizio permanente effettivo una figura che pensi lui a togliere le castagne dal fuoco al suo posto.
Quindi, cari Signori Friedkin, l’augurio è che corriate presto ai ripari, perché la miglior rosa di calciatori immaginabile non potrà mai essere sinonimo di successo se, a livello arbitrale, di decisioni sportive e di sistema, la Roma continuerà ad essere martoriata. E la squadra a non sentirsi difesa. Senza dimenticare i tifosi: sempre devoti, certo, ma che, a maggior ragione, non meritano certe ingiustizie.
Avv. Marco Valerio Verni