IL TEMPO – SCHITO – Presente al Salone d’Onore del Coni una settimana fa, in quello che è stato un vero e proprio terremoto firmato Francesco Totti, Odoacre Chierico rende omaggio, da ex gloria della Roma, all’uomo e al giocatore: «Io voglio parlare di calcio – le sue parole – e credo che in questo mondo debbano lavorare persone che nella loro vita hanno già fatto calcio. Credo che Francesco non abbia bisogno di alcuna presentazione, poi ci sono tantissime altre cose che a livello di organizzazione io non conosco e non posso conoscere. Di sicuro, quello che ha fatto Totti nel calcio è chiaro, ce l’ho lampante: stiamo parlando di uno dei calciatori più forti di tutti i tempi. Per quanto riguarda il dopo, non posso valutarlo come dirigente: posso soltanto dire che mi ha sempre dimostrato di essere un grande uomo con dei valori fortissimi, che sono quelli necessari per lavorare in un mondo particolare come quello del calcio e negli ultimi anni si stanno un po’ perdendo». Chierico sa cosa vuol dire lasciare la propria squadra del cuore: lui lo ha fatto per motivi di famiglia: ha rinunciato al suo incarico in Primavera nello staff di Alberto De Rossi per dar spazio al figlio Luca, centrocampista di qualità, facendolo crescere senza condizionamenti paterni, anche se sfortunatamente troppo spesso è stato fermato dagli infortuni che gli hanno impedito di giocare con continuità in una squadra arrivata a un passo dalla finale scudetto e di cui è stato comunque protagonista. Chierico, che ha legato la sua carriera alla Roma essendo stato uno dei protagonisti del secondo scudetto giallorosso nella squadra guidata da Nils Liedholm, è rimasto un tesserato della società giallorossa occupandosi delle operazioni di scouting nel campionato di Serie B ma è, prima di tutto, un tifoso della Roma. Alla luce dell’attaccamento quasi viscerale ai colori della squadra capitolina, Chierico è rammaricato dall’addio di Totti e, più in generale, di quello delle leggende del calcio italiano che hanno lasciato le squadre che li hanno resi grandi: «Posso dire che da appassionato e conoscitore di calcio mi dispiace che la società ora sì trovi in questa situazione, enon mi riferisco soltanto alla decisione di Francesco ma anche a quello che ha vissuto Daniele De Rossi,
che ho conosciuto forse meglio di Francesco perché ho avuto un rapporto con lui fin da quando era bambino. Lo posso dire per loro come lo avrei potuto dire in passato di Giuseppe Giannini, o di Franco Baresi nel caso del Milan e di Alessandro Del Piero perla Juventus. I manager e gli amministratori sono importantissimi perla società, quando si deve trattare la materia calcio invece ci vogliono questo tipo di figure, calciatori che hanno fatto
tantissimo nella loro storia, che hanno visto e giocato partite di altissimo livello, che hanno conosciuto tanti allenatori, che hanno fatto scouting e vivono con grande conoscenza la materia calcio». Cosa può fare la società in una situazione del genere? Come si recupera la fiducia dei tifosi? «Questo non spetta a me dirlo, dico la verità. Dovrei vivere bene da dentro una situazione per poter dire la mia, non conoscendo bene tanti fattori preferisco non sbilanciarmi, sono troppi gli aspetti che ignoro non essendo un dirigente della Roma e non stando a stretto contatto con la dirigenza».