3 Giu 2019In Rassegna stampa6 Minuti

Da Ancilotto al Circo Massimo emozioni capitali

GAZZETTA DELLO SPORT – VELTRONI – Avrebbe compiuto trent’anni lo scorso gennaio, sarebbe nel pieno della vita e della carriera sportiva, che lo aveva già visto giocare diciotto volte con la nazionale italiana di basket. Un giorno di agosto del 1997, invece, quando con la maglia numero 4 della sua squadra, la Virtus Roma – che in quella stagione si chiamava Pompea –, era impegnato a Gubbio in un’amichevole estiva contro i francesi del Nancy, si è accasciato a terra mentre si dirigeva verso la panchina per chiedere un cambio al coach Attilio Caja. Ha fatto in tempo solo a dire che si sentiva male, poi è crollato. Il trasporto d’urgenza nella Capitale, all’ospedale San Filippo Neri, e i tentativi dei medici di salvargli la vita, non hanno potuto far nulla.

Si chiamava Davide Ancilotto, ed è a lui che intitoliamo il primo dei tanti playground – i campetti di basket a ingresso libero tipici degli Stati Uniti – che vogliamo costruire a Roma e che la mattina del 25 novembre inauguriamo nel parco di San Gregorio al Celio. Con me ci sono anche il presidente della Virtus Lottomatica, Claudio Toti, e alcuni giocatori guidati dal capitano Alessandro Tonolli, che con Davide ha giocato. È infatti proprio la società capitolina, che lotta ormai stabilmente per le prime posizioni nella massima serie del campionato di basket, ad aver permesso la realizzazione di questo impianto e dei due che inaugureremo nel pomeriggio, al parco della Cecchina, zona Bufalotta, e al parco Gioia, a Corviale. È l’avvio di quella che abbiamo chiamato «Operazione cento playground». È il segno di come ci stiamo muovendo per far crescere lo sport nella nostra città. Perché le grandi manifestazioni sono importanti, e Roma ne ha diverse che ormai sono consolidate e «storiche», dagli Internazionali di tennis al Foro Italico al Concorso equestre di piazza di Siena, dal Gran Premio della Liberazione di ciclismo al Gran Gala di atletica leggera allo Stadio Olimpico. E poi ci sono gli eventi che periodicamente ci vengono assegnati, dagli Europei maschili di pallavolo del 2005 ai Mondiali di nuoto che si svolgeranno qui nel 2009. Fino alla Maratona di Roma e al Sei Nazioni di rugby, con la nazionale italiana che, dopo la ristrutturazione che portiamo a termine, trova la sua casa allo Stadio Flaminio.

Sogno Olimpico

Ambizioso è anche il tentativo che facciamo, a partire dalla fine del 2005, di candidare Roma per le Olimpiadi del 2016. Ancora brucia la mancata designazione per quelle che si sono appena svolte ad Atene. Sappiamo che è difficile, quasi impossibile, anche perché è stato da poco deciso che Londra ospiterà quelle del 2012 e la scelta consecutiva di due città europee come sede si contrappone a una consuetudine ormai consolidata. Però proviamo.

La Capitale dello sport

Roma ha bisogno delle Olimpiadi, e non si vede proprio perché fra tutte le città europee debba essere l’unica a non cogliere questa grande opportunità. La Città dello Sport di Calatrava, la ristrutturazione del Palasport dell’Eur, la diffusione degli impianti, unite alla bellezza dei luoghi della Roma storica, possono costituire un elemento esemplare di fascino culturale e di rigore amministrativo. Alla fine, la priorità resta quella che dicevamo: la strategia che stiamo portando avanti dà i risultati voluti, tanto che è il Cnel a dire che Roma, con i suoi duecentocinquantasette impianti ogni centomila abitanti, distacca di gran lunga le altre città italiane. Sono queste le basi migliori su cui far crescere la cultura sportiva e lo sport. A luglio di due anni dopo ci sarà un momento di incredibile gioia collettiva.

 

Circo Massimo azzurro

La Nazionale di calcio vince inaspettatamente i Mondiali in Germania e a noi, d’intesa con la Federcalcio, viene l’idea di celebrare l’evento ospitando la squadra al Circo Massimo. La nazionale arriva all’aeroporto di Pratica di Mare e io vado ad accoglierla. Da quel momento il pullman fatica a muoversi verso il centro della città. Tutte le strade sono piene di tifosi in festa. Quando il mio amico Marcello Lippi scende per primo dal pullman, al Circo Massimo il colpo d’occhio toglie il fiato. C’è davvero tutta Roma. È un’organizzazione difficile, ma capita così di rado di poter essere collettivamente felici, che bisogna rischiare e consentire alle persone di vivere a pieno questo momento.