MASSIMO PAPITTO – Ore 18:22 di ieri sera e mi domando… cosa sta succedendo? Sta ricapitando ancora? Proprio a noi? Ma perché? Dopo la passata stagione – dove avevamo ritrovato orgoglio e dignità – non ci eravamo scrollati di dosso queste paure di non essere mai al posto giusto al momento giusto? Invece no. Siamo tornati indietro nel tempo di anni, con le nostre paure, sempre le stesse, sempre presenti e mai dimenticate.
Chi mi conosce lo sa, sa quanto ci soffro a vedere la Roma perdere. C’è però modo e modo di perdere, perdere così in modo umiliante non ci sta, mi crea disagio, vergogna, sensazioni che pensavo di non dover provare più (o almeno di provarne sempre meno fino a scomparire quasi del tutto).
Ieri pomeriggio era un quarto di finale di Coppa Italia, non era una semifinale o una finale di Coppa, non era una partita decisiva per lo scudetto, ma era comunque una partita importante, da affrontare seriamente e che poteva ridare dignità ad una stagione nata male e che forse (molto probabilmente) finirà peggio.
Niente di tutto questo è stato fatto. Siamo usciti di partita dopo un quarto d’ora e questa cosa non è accettabile. In una partita secca ad eliminazione diretta non si può giocare con la difesa a centrocampo e farsi “imbucare” sistematicamente senza curarsi minimamente delle qualità dell’avversario (la Fiorentina) che aveva titolari tutti giocatori scattisti, veloci, abili a giocare in contropiede. Il primo tempo è stato uno scempio difensivo senza precedenti in questa stagione e nel reparto avanzato le cose non sono andate di certo meglio. Pastore sembra (è) un ex calciatore capitato per caso a Roma, Schick è l’eterna promessa destinata a rimanere (molto probabilmente) tale. Il tutto condito dalla sparizione dei “vecchi“: Manolas, Fazio, Kolarov e Florenzi. Apparsi giocatori spauriti e senza un minimo di esperienza per gestore momenti della partita delicati e complicati.
Il secondo tempo poi è stato peggio del primo. Nervosismo (Cristante e Dzeko), gol presi (quattro), espulsioni (Dzeko) e grida di un allenatore – mister Di Francesco – che forse ieri sera ha definitivamente capito che il suo tempo a Roma è terminato. Pagherà lui per tutti, se non pagherà ora, pagherà tra qualche partita, ma poi tutto resterà lì al proprio posto. Calciatori, presidente e il direttore sportivo Monchi, uno dei principali responsabili di questa caporetto e di questa campagna acquisti estiva assolutamente fallimentare.
La semifinale di Champions League della scorsa stagione doveva essere un punto di partenza e non un’occasione per poter smembrare una squadra ritenuta vecchia sostituendo poi il tutto con giovani di prospettiva e interpreti di dubbio valore e fama come il portiere Robin Olsen, che per carità, sarà anche un buon interprete del ruolo ma è e resta un numero uno normalissimo come se ne trovano a fiumi in Italia.
La goleada di ieri pomeriggio segna un punto di non ritorno. Da qui non si torna più indietro. Nel portare avanti quel che resta di questa maledetta stagione si pensi ai sacrifici che hanno fatto i 2500 tifosi che erano presenti lì nel settore ospiti del Franchi in un giorno feriale sfidando pioggia e freddo. Si pensi a loro e si scelga il meglio per tutti. A noi interessa il bene della Roma e non il bene di chi la comanda e la gestisce.