De Rossi: “L’addio alla Roma il mio vero ritiro, la Nazionale una porta socchiusa”
Daniele De Rossi, da poco ritirato dal calcio giocato, ha rilasciato un’intervista a GQ. Queste le sue parole:
«Quelli dell’addio a Buenos Aires sono stati giorni tristi ma la vera batosta è stato l’ultimo giorno a Trigoria. Uscendo dalla mia camera per andare allo stadio Olimpico ho pensato: è l’ultima volta che chiudi questa porta. E lì mi è parso di tremare. Devastante», le parole dell’ex capitano giallorosso al mensile, che gli dedica la copertina del numero di febbraio. Dopo la Roma, appunto, la suggestiva esperienza in Argentina: «Di offerte per continuare a giocare in serie A ne avevo parecchie, ma non ho voluto aggiungere un’altra maglia italiana a quella della Roma, mi pareva di sprecare una storia bellissima. Il Boca è sempre stato un sogno per me è stato un onore».
De Rossi svela anche le vere ragioni per le quali ha scelto di appendere poi le scarpette al chiodo: «Quando sto bene sarei ancora in grado di giocare nella Roma, nel Boca, ma non succede quasi mai. Ho 36 anni, il fisico è logoro, di soldi ne ho abbastanza: meglio tornare. Si è parlato di gravi problemi di mia figlia Gaia. Non c’è nulla di particolare. Semplicemente ha 14 anni ed è normale che abbia bisogno di avere il papà vicino. Siccome si sa che il rapporto fra me e sua madre ha vissuto momenti faticosi, qualcuno si è immaginato chissà che».
Poi il rapporto con Totti: «Abbiamo giocato vent’anni assieme, ci siamo abbracciati dopo i gol, ci siamo frequentati fuori dal campo, abbiamo avuto anche delle sonore litigate, è capitato di non parlarci per un mese, pure l’anno scorso, ma poi è sempre finita a risate. Vita vera, non recitata». E sul tormentato addio dell’ex numero 10, De Rossi rivela: «È un periodo che ricordo come un incubo. Mi sentivo come il bambino che assiste ai litigi tra mamma e papà. Di Totti le ho detto, con Spalletti ho condiviso tanto, ci siamo pure scannati ma conservo grande stima per lui. Mi infastidiva l’assurdità della situazione: la squadra vinceva eppure Spalletti veniva fischiato, dall’altro lato qualcuno si azzardava a dire che Totti non volesse il bene della Roma».
De Rossi parla anche di un possibile futuro da allenatore e dell’ipotesi di iniziare proprio dal settore giovanile della Roma: «Qui il discorso è diverso perché al settore giovanile c’è mio padre, perché i rapporti col club comunque non li ho persi, perché al termine del corso che intendo fare potrò allenare in terza serie oppure una Primavera, vediamo. Un futuro da allenatore in prima squadra? Devi prima dimostrare di saperlo fare, se perdi tre partite di fila la gente si dimentica che eri il suo Capitan Futuro e pretende che tu ottenga risultati nel presente. E poi l’ultima cosa che voglio è creare problemi a Fonseca. I miei modelli? Luis Enrique e Antonio Conte: all’Europeo mi ha letteralmente conquistato». C’è anche chi aveva immaginato che il suo ritorno a Trigoria fosse imminente: «La tempistica della mia uscita dal Boca, unita alla trattativa per la cessione della Roma, ha fatto pensare a molti che il gruppo Friedkin mi avesse contattato. Non è successo, non li ho mai sentiti; ma non è che io sia in attesa di un nuovo proprietario per tornare a Trigoria su un cavallo bianco».
Infine De Rossi, che racconta di voler fare l’allenatore in futuro, lascia uno spiraglio aperto sulla possibilità di collaborare con il ct azzurro Roberto Mancini: «Abbiamo un rapporto eccellente. il fatto di non aver lavorato assieme non ha diminuito la stima reciproca, anzi. Fra i discorsi che abbiamo fatto tempo fa, non in gennaio intendo, una porta azzurra era socchiusa». Anche il presidente della Figc Gravina potrebbe presto chiamarlo per proporgli un posto al fianco del ct.