IL MESSAGGERO – FERRETTI – Terminato (per adesso…) in tre mosse (Totti, De Rossi e Ranieri) il processo estivo di deromanizzazione della Roma tanto caro a Franco Baldini, il club dalla strategia tosco-statunitense ora è chiamato a ripartire con una squadra da rifondare e senza un ds di ruolo perché quello designato, Gianluca Petrachi, è ancora tesserato per il Torino. Il dirigente salentino, che aveva conquistato le simpatie di James Pallotta (leggi Baldini) assicurando che avrebbe portato Antonio Conte nella Capitale (ma il primo contatto con il neo allenatore dell’Inter è stato di Totti…), è stretto nella morsa di Urbano Cairo che pretende soldi per allentarla. Assicurano dal management di mister Jim, però, che Petrachi sta già lavorando per il suo nuovo (nuovo?) club, ma questo lo scopriremo solo vivendo. Intanto, sappiamo con certezza che, per motivi facilmente intuibili, la Roma avrà un’anima profondamente diversa rispetto a quella avuta negli ultimi due decenni molto abbondanti. Non ci sarà più il romanismo ad intasare la strada verso le vittorie, in primis. O almeno questo è ciò che sembra dar forza all’ennesimo progetto aziendale partorito tra Londra e Boston. Il Via i romani dalla Roma non è in assoluto una garanzia di successo (al momento, una Roma senza De Rossi in campo e Totti nello staff dirigenziale non è più forte di quella romanizzata: le auguriamo di diventarlo), ma evidentemente aiuta i capi dell’azienda a sperare in un futuro diverso. Migliore. Vincente, finalmente. Forse per questo, chissà, è stato scelto un marziano (Ennio Flaiano ci perdoni…) come il portoghese Paulo Fonseca che, paradossalmente, oggi rappresenta l’unica certezza tecnica della nuova Roma.
RISCHI E PERICOLI – Nel senso che, se non altro, la Roma ha almeno la certezza di avere un tecnico. Nato in Mozambico e cresciuto sulle panchine ucraine: più deromanizzato di così non si poteva trovare, giusto? Fonseca, che ha dimostrato di essere un valido allenatore, dovrà fare immediatamente i conti con mille ostacoli, e non soltanto di natura tecnica. Questo perché la squadra sarà profondamente rinnovata, a cominciare dal suo asse portante: portiere, difensore centrale, mediano centrale e centravanti. Non sarà facile trovare gli uomini giusti ai prezzi giusti ma la Roma, che risparmierà un sacco di soldi di stipendi eccellenti, non potrà permettersi il lusso di allestire una gruppo che sia in grado di lottare soltanto per un posto in Europa League, magari senza preliminari. Sarebbe buona cosa, per mille motivi, che qualcuno vicino a Pallotta (il presidente, si sa, comunica solo senza contraddittorio e attraverso i giornalisti di casa) parlasse con sincerità ai tifosi, magari senza sbandierare all’americana traguardi roboanti ma poco accessibili. Non ce ne è bisogno; non ce ne è più bisogno, ormai. Meglio una brutta verità che un bella bugia, in assoluto. Il tutto senza dimenticare che entro la fine del mese ci sarà bisogno di recuperare 40-50 milioni di plusvalenze per stare in grazia di Dio con l’Uefa. E che la Roma non potrà neppure contare sugli introiti Champions. Ma forse, come va di moda dire di questi tempi, è tutta colpa del governo (tecnico) precedente.