IL TEMPO – AUSTINI – La domanda arriva alla fine. Inesorabile e dovuta. Di Francesco si dimetterà se capisce che la squadra non è più al suo fianco? “E’ un po’ scontata – la risposta stizzita dell’allenatore della Roma – ma questo è un ambiente orientato al pessimismo. Alla fine sono i risultati che determinano, voi potete dire quello che volete. O parlate con i giocatori e cercate di capire se siamo realmente disuniti, altrimenti si fanno tanti discorsi che lasciano il tempo che trovano, cose campate per aria”. E’ questo – e c’era da aspettarselo – l’umore del tecnico giallorosso dopo la batosta incredibile di Firenze in Coppa Italia e alla vigilia di uno spareggio per la Champions con il Milan. Ci arrivano con le premesse peggiori possibili sia lui che la Roma, contro un avversario carico a mille, rigenerato dal mercato di gennaio, che Monchi invece non ha potuto (e voluto) sfruttare. Il solito, ennesimo psicodramma romanista contro cui opporre la partita del riscatto, del cuore.
Dove troveranno le forze Dzeko e compagni per trasformare i fischi annunciati stasera all’Olimpico in applausi? “Mettendo in campo una prestazione di alto livello – la ricetta di Di Francesco – non solo fisica, ma anche mentale. Capisco che c’è grande depressione, ma la forza sta nel ribaltarla. Noi ora siamo incudine, dobbiamo subire e poi diventare martello. Tre partite fa il Milan era nella stessa situazione, nel calcio una settimana cambia tutto”. Vero. Domenica scorsa, non un anno fa, la Roma stava vincendo 3-0 sul campo dell’Atalanta. Nel giro di un tempo e di un’altra partita il mondo s’è rovesciato addosso ai giallorossi. Fragili, incapaci di reagire, nervosi al punto di litigare in campo e – nel caso di Dzeko – farsi cacciare. “E’ stata la parte più brutta – sottolinea l’allenatore – Edin ha chiesto scusa a tutta la squadra. Non deve più succedere, nelle difficoltà dobbiamo essere ancora più uniti. Può arrivare una sconfitta, ma l’abbiamo fatta diventare dolorosissima”. I primi segnali, in realtà, si erano rivisti col Torino: da 2-0 a 2-2, prima di trovare il jolly di El Shaarawy. “Avevo parlato di squadra non ancora guarita, cadiamo sempre in certi momenti delle gare”.
E allora non c’è ritorno migliore di quello di De Rossi. “Mi auguro che Daniele possa dare tanto dal punto di vista della presenza, dell’aiuto generale, della capacità di stare in campo e di essere un po’ il mister nella partita. I veri dubbi sono su come starà fisicamente perché non gioca da tanto ma ha ripreso ad allenarsi con costanza e non sente più dolore”. Raccontano di un allenamento di rifinitura ben riuscito nonostante la pioggia battente, il gruppo dal punto di vista degli atteggiamenti in settimana ha deluso poche volte quest’anno, ma la prova del campo vero è un’altra storia. “Mi sento un po’ un papà che in certi momenti a questa squadra non ha dato i consigli giusti – ammette Di Fra – dobbiamo ritrovare unità d’intenti, essere sinceri fra noi e io devo cercare soluzioni”. Monchi gli ha dato altro tempo, tutto sta a trovarle.