LA REPUBBLICA – MENSURATI – Se l’obiettivo di Totti era davvero quello di “fare il bene della Roma”, allora si può dire che la sua conferenza stampa d’addio è stata un evidente fallimento. Basti pensare che da oggi ogni operazione di calciomercato in entrata sarà ancora più difficile di prima (chi vorrebbe andare a lavorare in una polveriera?). E che nelle due ore successive al suo sfogo, mentre social, radio, siti internet si gonfiavano di odio nei confronti della società, il titolo del club ha perso in Borsa il 3,78% (poi ha chiuso a +1,59%).
Se invece, come in molti a Trigoria (e non solo) pensano e ormai dicono esplicitamente, il vero scopo dell’ex dirigente giallorosso era quello di inviare un preavviso di sfratto “agli americani”, la lettura dello show di Totti è allora molto diversa. Nell’inchiesta pubblicata da Repubblica lo scorso 29 maggio sui veri motivi del turbolento divorzio tra la Roma e l’altro capitano, Daniele De Rossi, il giornale aveva riferito di come il club e il relativo progetto per costruire un nuovo stadio avessero scatenato in città enormi appetiti. Ieri, durante i 90 minuti di conferenza, l’impressione che questi appetiti abbiano finalmente trovato una loro espressione è stata a tratti molto forte.
Così forte che la Roma, in una nota ufficiale, si è lamentata dei “ripetuti riferimenti” di Francesco a “una nuova proprietà” e delle “informazioni raccolte da Totti stesso in tutto il mondo circa soggetti interessati al club”. Attività — si specifica — “svolta senza alcun mandato”, perché Pallotta “non ha alcuna intenzione di mettere in vendita il club adesso o in futuro”. L’irritazione, tanto a Boston quanto a Trigoria, è ormai così palese che si sta pensando di segnalare le parole di Totti direttamente alla Consob, chiedendo all’ente di vigilanza di valutare eventuali profili di aggiotaggio.
A sostanziare i sospetti del club, oltre alle parole esplicite di Totti, anche il profilo non proprio basso tenuto in tutta questa vicenda da Giovanni Malagò. Storico amico del Capitano, grande tifoso romanista, il presidente (in uscita) del Coni sta da tempo lavorando per riposizionarsi. Venerdì scorso in una intervista a Tuttosport aveva fatto scivolare lì una frasetta di quelle che balzano all’occhio: «Non conosco un tifoso di calcio che non sogni di diventare il presidente della sua squadra». Da allora Malagò ha ripetuto ad amici e giornalisti che quella era solo una battuta e che non ha alcuna mira sul club. Anzi, ancora ieri, diceva che lui aveva addirittura sconsigliato “l’amico Francesco” di fare una conferenza stampa con quei contenuti. E però, se così stanno le cose, non si capisce allora come mai Malagò abbia deciso di contraddire nei fatti il suo stesso pensiero, ospitando nel suo studio il debriefing della conferenza stampa, per la quale aveva deciso di “prestare” all’ex Capitano nientemeno che il Salone d’onore del Coni. Una scelta, quest’ultima, ostinatamente difesa da Malagò anche di fronte ai numerosi segnali di contrarietà arrivati nelle ultime ore dai vertici di Sport e Salute, l’ex Coni servizi Spa, già proprietaria della “Sala” nonché legata all’As Roma da un contratto di locazione dello Stadio Olimpico (valore 3,5 milioni di euro annui).