Fronte del Porto per Di Francesco: sarà l’ultima chance
REPUBBLICA – PINCI – Una riunione notturna, un processo mattutino, una partita da cui dipende la sorte di un allenatore, un altro tecnico già alla finestra. Il presente della Roma è appeso ai 90 minuti di Oporto: mercoledì in casa del Porto non si giocherà soltanto il pass per i quarti di finale di Champions League, ma pure il futuro di Di Francesco. Se uscisse dal torneo nonostante il 2-1 dell’andata, sarà addio: non l’unico, però. La questione si è aperta sabato notte: mentre la Lazio festeggiava la vittoria per 3-0 nel derby, una riunione fiume nelle stanze dell’Olimpico fino quasi all’una di notte tra i dirigenti della società giallorossa ha materializzato per la prima volta la parola tabù: esonero. Eusebio Di Francesco stava per essere scaricato. Il ceoFienga, il ds Monchi, il vicepresidente Baldissoni provavano a confrontarsi col presidente Pallotta oltreoceano, tutti convinti di aver assistito all’inimmaginabile: impossibile non trovare motivazioni in una partita così. Il forte sospetto è che alcuni dei leader dei calciatori abbiano smesso di seguire l’allenatore. Un’impressione trasferita allo stesso Di Francesco ieri mattina, alle 9, in una riunione d’emergenza a Trigoria prima dell’allenamento. Lui stesso deve aver avvertito che una parte del gruppo non è più organico nell’applicazione delle sue richieste. Deve essersi sentito abbandonato e forse la tentazione di essere lui stesso a lasciare l’ha accarezzata. Ma dopo un colloquio con i calciatori ha scelto di crederci, convinto che come già successo dopo altri inciampi rovinosi di questa stagione – ultimo, il 7-1 di Firenze – che riusciranno a rialzarsi ancora una volta. Così ha potuto strappare almeno qualche altra ora. Per due motivi: intanto la convinzione che il problema non sia solo l’allenatore, ma soprattutto l’atteggiamento della squadra. Poi la mancanza di alternative convincenti. Ma se fino a poche ore fa regnava inossidabile la convinzione che la miglior soluzione possibile per arrivare a fine stagione fosse Di Francesco, ora l’idea è fortemente in discussione. Un’eliminazione rumorosa dalla Champions renderebbe indispensabile l’unica scelta possibile per dare una scossa: l’esonero del tecnico. Franco Baldini, consulente personale di Pallotta, ha già “bloccato” il sostituto, l’ex fiorentino Paulo Sousa, che da sabato era a Bordeaux per firmare con la squadra francese. Ma che dopo la chiamata dell’amico è stato felice di prendere tempo per aspettare i giallorossi. Domani potrebbe essere in città, forse mercoledì a Oporto. Il problema è che lui o le sue alternative (Montella, Panucci) pretendono contratti anche per la prossima stagione. Che farebbero tramontare l’idea del club di avere Sarri. Con il cambio in panchina, però, tutta l’organizzazione sportiva andrebbe ridiscussa. E rischierebbe pure il ds: Monchi ha un discorso più che avanzato con l’Arsenal. Ma il suo lavoro è sotto accusa, per dimostrarlo basta constatare come la panchina romanista al derby ospitasse calciatori per cui ha speso in due estati 130 milioni: Karsdorp, Schick, Coric, Pastore, Nzonzi, Kluivert. A gennaio non ha saputo comprare nessuno. Né trovare, in tempi non sospetti, un’alternativa al tecnico in bilico. Ma le critiche pubbliche non risparmiano nemmeno sua maestà Francesco Totti. Che la settimana più importante, quella prima di Lazio e Porto, l’ha trascorsa a sciare con la famiglia e la mattina del derby a giocare a calcetto. Nell’organigramma il suo nome non compare, ma la società gli ha affidato il ruolo chiave di rappresentarla nello spogliatoio. Eppure sabato notte è stato il primo ad abbandonare il vertice, un’ora prima degli altri. Nei mesi è stato spesso importante per tutelare Di Francesco, ora la Roma ha bisogno che diventi grande.