(Andrea de Angelis – Insideroma) – Molto probabilmente gli amanti del calcio leggero e tecnico che per anni ha contraddistinto il Barcellona saranno rimasti delusi. Così come delusi saranno tutti quelli che hanno visto e vedono in Pep Guardiola l’ultimo rivoluzionario del calcio moderno. E forse in parte hanno anche ragione. Perché la filosofia e la poesia di Guardiola hanno quel non so che di folle che a noi romanisti in particolare piace tanto. Al punto da aver perseguito, senza mai troppa convinzione, quel sogno rivoluzionario, incarnato in quel famoso (o famigerato) “mai schiavi del risultato” su cui abbiamo impiccato l’ultimo decennio della nostra storia. Eppure la finale di Champions League ci ha restituito una normalità reazionaria, violenta nella sua riscoperta.
Quella di un uomo che appariva fino a sabato sera come un eterno secondo. Al Borussia dopo Klopp, nell’ombra di chi aveva sconfitto i giganti di Monaco e che poi avrebbe vinto il trofeo più importante con il Liverpool. Al PSG più ricco di sempre senza riuscire ad imporsi. Reo di aver vinto due campionati senza convincere, e soprattutto di aver perso una coppa alla prima vera occasione. L’esonero dello scorso dicembre sembrava il capolinea dove concludere una corsa che pochi avrebbero anche solo immaginato. Del resto Tuchel, perché di lui sto parlando, non aveva il passato blasonato da calciatore di Guardiola o di altri come lui. Una mediocre carriera da difensore, nelle categorie basse del calcio tedesco. E poi un percorso da allenatore passato per lo più tra le giovanili, prima della promozione a Dortmund, quasi più per mancanza di alternative che per convinzione. Eppure arriva la possibilità del riscatto. Chiamato a sostituire una bandiera come Frank Lampard, lui sì grandissimo ex calciatore, ha saputo rivitalizzare una squadra incapace di riconoscersi e che navigava in un limbo pericoloso. Sagacia tattica, accortezza, verticalizzazioni improvvise.
Così Tuchel ha preso la sua rivincita.La rivincita di tutti gli uomini normali, ma forti di questa condizione, e consapevoli che la vera forza dell’umanità sta proprio nel suo essere “umana”.