IL MESSAGGERO – CORDELLA – La più classica delle avventure cominciate male e finite peggio. Tra Amantino Mancini e il Foggia l’amore non è mai sbocciato davvero. E così l’ex giallorosso, chiamato sulla panchina rossonera per ricominciare la scalata dalla serie D dopo il fallimento di questa estate, si è dimesso dopo appena una partita. Persa, domenica contro il Fasano, per 1-0. Un ko che non si sa bene per quale motivo ha fatto talmente infuriare la nuova dirigenza dei Satanelli da far scattare subito la punizione, con i giocatori costretti a non ritornare dalle famiglie domenica sera, per allenarsi ieri alle 6 di mattina. Una mossa che evidentemente il tecnico non ha gradito, affidando a una nota stampa le ragioni del divorzio: «Una differente visione sulle modalità operative e di esecuzione del progetto» sulla base del quale era stato ingaggiato. Si chiude così per Mancini un’odissea cominciata all’indomani dell’annuncio dell’ingaggio da parte del club con i tifosi che avevano sommerso i social di slogan come «Non vogliamo l’allenatore stupratore», in riferimento a una condanna in primo grado subita nel 2010 dall’ex giallorosso – che si è sempre dichiarato innocente per una presunta violenza sessuale ai danni di una ragazza conosciuta a Milano, ai tempi in cui vestiva l’altra maglia rossonera. Un abbinamento cromatico dal quale, evidentemente farebbe bene a stare lontano.