Caso De Vito, la Cassazione: «L’arresto torni al Riesame»
IL MESSAGGERO – SCARPA – Resta ai domiciliari Marcello De Vito, presidente dell’assemblea capitolina. Nessuna scarcerazione. La Cassazione, infatti, ha annullato la misura cautelare in relazione ad una sola delle due accuse che gli erano valse le manette lo scorso 20 marzo: il cambio di destinazione d’uso di un palazzo a Trastevere.
La prima contestazione della procura riguarda le mazzette incassate da De Vito, pagate dal costruttore Luca Parnasi, per snellire l’iter burocratico sullo stadio della Roma. Su questa vicenda la Corte Suprema ha rinviato gli atti al Riesame affinché si esprima nuovamente. Ma non ha annullato l’arresto. La decisione della Cassazione è invece stata netta per quanto riguarda il secondo episodio, il cambio di destinazione d’uso di un palazzo a Trastevere. Una vicenda in cui, all’origine, De Vito e il suo socio, l’avvocato Camillo Mezzacapo, erano indagati per traffico di influenze illecite. Reato poi modificato dal gip in corruzione. Una nuova contestazione che forse non ha convinto i giudici e gli ha spinti ad eliminare la misura cautelare che, proprio sulla corruzione, era fondata. Ma è solo un’ipotesi. Per avere risposte certe bisognerà attendere le motivazioni. Intanto sono stati scarcerati Fortunato Pititto, l’ingegnere dell’impresa Statuto che spingeva su De Vito per ottenere il cambio di destinazione d’uso e Gianluca Bardelli, l’influencer grillino che si sarebbe speso, proprio con il presidente dell’assemblea capitolina, per far andare in porto il progetto. Loro erano detenuti solo per quest’accusa su cui ieri si è espressa a loro favore la Suprema Corte.
Il cinque luglio Marcello De Vito è uscito dal carcere di Regina Coeli. Il presidente dell’assemblea capitolina – arrestato il 20 marzo per corruzione nell’ambito di un filone dell’inchiesta sullo stadio della Roma – ha ottenuto i domiciliari. A deciderlo era stato il gip Maria Paola Tomaselli: non sussiste un pericolo di inquinamento delle indagini, l’inchiesta è praticamente chiusa. Inoltre è esclusa l’ipotesi di reiterare i reati, De Vito è sottoposto ad una misura cautelare. Pochi giorni prima, aveva ottenuto i domiciliari anche l’avvocato Mezzacapo. Adesso all’orizzonte si profila il processo. Con ogni probabilità si andrà verso l’immediato. Un rito che, scavalcando l’udienza filtro del gup, permette di andare subito a dibattimento.
LA VICENDA – Favori e soldi per oliare i provvedimenti amministrativi sulla costruzione dello stadio del club giallorosso e altri progetti immobiliari, come un albergo vicino alla ex stazione ferroviaria di Trastevere e la riqualificazione dell’area degli ex Mercati generali di Ostiense. Corruzione, insomma. Con questa accusa era stato arrestato il presidente dell’assemblea capitolina De Vito coinvolto in un’inchiesta nata da quella sul progetto dell’impianto della Roma in cui sono indagati il costruttore Luca Parnasi e l’avvocato Luca Lanzalone, prima consulente dei Comuni di Livorno e Roma e poi presidente dell’Acea. Le contestazioni dei pm non si limitano solo allo stadio della Roma, coinvolgono anche due progetti dei costruttori Claudio e Pierluigi Toti e dell’immobiliarista Giuseppe Statuto. I primi due sono chiamati in causa per la riqualificazione degli ex Mercati generali perché «a titolo di prezzo della mediazione illecita» per «intervenire nell’iter amministrativo» conferivano un incarico professionale allo studio dell’avvocato Mezzacapo la somma di 110.620,80 euro. Poco meno della metà di quella cifra (48.800 euro) era poi stata trasferita «su un conto intestato alla società Mdl srl» che è «riconducibile» allo stesso legale e proprio a De Vito. Uno schema replicato, secondo gli investigatori, i carabinieri di via In Selci, anche con Statuto: in quel caso, per la costruzione di un albergo vicino all’ex stazione ferroviaria di Trastevere, l’incarico professionale a Mezzacapo avrebbe avuto un valore di 24.582,40 euro e la cifra spostata sul conto della Mdl sarebbe stata pari a 16.640 euro.