Chat segrete e sale riservate: così depistavano le indagini
MESSAGGERO – ALLEGRI – Una società-cassaforte dove accumulare le tangenti, utilizzata per schermare operazioni illecite. Le mazzette fatte passare come incarichi professionali, conferiti a prestanome. E ancora: le telefonate sempre più rare e in codice, gli incontri clandestini in una concessionaria a viale di Tor di Quinto o nelle salette riservate di due locali nel quartiere Prati, il bar Vanni e il ristorante Il Matriciano. Nelle carte dell’inchiesta che ha portato all’arresto per corruzione del presidente del Consiglio comunale Marcello De Vito e del suo socio, l’avvocato Camillo Mezzacapo, i carabinieri del Nucleo investigativo ricostruiscono le strategie adottate dagli indagati per portare avanti affari opachi senza dare troppo nell’occhio. I due sono accusati di avere ricevuto tangenti da quattro imprenditori: Luca Parnasi, i fratelli Claudio e Pierluigi Toti e Giuseppe Statuto. In cambio, De Vito avrebbe sfruttato il suo ruolo in Campidoglio per agevolarli. Il primo cliente dell’asse De Vito-Mezzacapo è Parnasi. E l’evento, che convince i soci a usare maggiori accortezze, è proprio l’arresto del presidente di Eurnova.
LE CAUTELE – Quando Parnasi finisce in carcere per il giro di tangenti legato alla realizzazione del Nuovo stadio della Roma – anche De Vito è accusato di avere incassato mazzette e di averlo aiutato – il politico e l’avvocato prendono precauzioni. Continuano a chiudere affari illeciti, ma cercano di mantenere un profilo più basso. Per prima cosa, dirottano le tangenti incassate sui conti della società Mdl, riconducibile a entrambi, ma non collegata direttamente a De Vito. Le tangenti diventano consulenze fittizie intestate sempre più spesso a prestanome. Poi, i due iniziano a limitare le conversazioni telefoniche. Avvisano anche i clienti: «A quello gli ho detto di non parlare al telefono», dice Mezzacapo. «Tale atteggiamento si registra a partire dal 13 giugno 2018, data dell’arresto di Parnasi – sottolineano i carabinieri in un’informativa – Fino ad allora i contatti rilevati dai tabulati telefonici erano assolutamente frequenti, mentre da quel giorno si registra un unico contatto in data 19 settembre 2018». Il gip Maria Paola Tomaselli scrive nell’ordinanza d’arresto che «appare evidente che i due, temendo che i rapporti corruttivi da loro intrattenuti con Parnasipotessero portare gli inquirenti a focalizzare le attenzioni investigative su di loro, hanno evitato di contattarsi telefonicamente e di incontrarsi pubblicamente».
L’INCONTRO CLANDESTINO – Un evento è emblematico. Il 2 febbraio scorso De Vito e Mezzacapo – non sanno di essere pedinati e intercettati – organizzano un incontro clandestino. Li aiuta Gianluca Bardelli, titolare di una concessionaria Jaguar in viale di Tor di Quinto. Pure lui è indagato e si trova ai domiciliari. Bardelli telefona all’avvocato, gli chiede di raggiungerlo con urgenza perché deve fargli provare una Range Rover. «Senti, mi è arrivata la Range Rover elettrica, perché non passi qui da me, in Jaguar, così te la faccio provare?», dice. Mezzacapo non capisce, dice di avere un impegno. E Bardelli cerca di essere più esplicito: «Lascia perdere, ci vai dopo. Ce l’ho qui». Per gli investigatori «ribadiva in maniera criptica di raggiungerlo immediatamente perché la persona con cui doveva vedersi si trovava con lui». In quell’istante, l’utenza telefonica di De Vito «agganciava la cella che serve la zona della concessionaria» che, oltretutto, in quel momento era chiusa, sottolineano i carabinieri. Mezzacapo arriva in pochi minuti. «Nel parcheggio dell’autosalone ci sono le auto di Mezzacapo e De Vito – specificano i carabinieri – nessuna vettura è all’interno, tanto meno la Range Rover».
LE SALETTE RISERVATE – Il 4 febbraio il politico e il socio si incontrano di nuovo. «Anche in tale circostanza le modalità documentano l’attenzione prestata per rendere i rapporti non palesi», sottolineano gli investigatori. Alle 11,30 De Vito telefona a Mezzacapo «e tuttavia dopo solo uno squillo chiude la conversazione», si legge negli atti. Poi, citofona all’ufficio dell’avvocato. In quell’occasione i due soci progettano pranzi e cene con nuovi clienti e prenotano salette riservate e discrete al ristorante, per non lasciare tracce degli incontri. I luoghi prescelti sono Vanni in via Montezebio, e Il Matriciano, in via dei Gracchi. «Quello mi ha fatto la saletta apposta», dice Mezzacapo. De Vito è scettico: «Oh ma là ci vedono proprio tutti, capito?». Il socio cerca di convincerlo: «Entriamo dal coso, c’è l’ascensoretto che ti porta su e c’è la saletta, non ti vede nessuno».