IL MESSAGGERO – ANGELONI – L’uno andò via per far posto all’altro. Lucio out, Claudio in. E la Roma sognò. Oggi i sogni sono diluiti per entrambi, Spalletti da una parte e Ranieri dall’altra, due allenatori che un qualcosa di giallorosso nella loro vita ce l’avranno sempre, se non altro per aver sfiorato tutti e due lo scudetto a Roma. Oggi sono su due panchine diverse, che domenica saranno vicine, a San Siro, dove anche Ranieri ha allenato, qualche anno fa, quando qui c’era la rifondazione americana e il tecnico della Roma si chiamava Luis Enrique. Spalletti e Ranieri hanno qualcosa in comune alla fine: uno ad esempio, Claudio, ha allenato il Chelsea, Lucio invece l’ha solo ambito; un’altra storia in comune, roba dei giorni d’oggi, che entrambi hanno sulla testa l’ombra lunga di Antonio Conte. A Ranieri, questo, interessa poco, è arrivato a Roma sapendo che l’incarico era a termine (poi non si sa mai), mentre Spalletti questa ombra non la gradisce, perché la panchina nerazzurra la vuole difendere con le unghie. Cosette in comune, ma se li guardi, li studi, ti accorgi che sono diversi, lontani, quasi opposti. Ora antagonisti. Uno, Ranieri, si comporta da lord inglese, sa sempre quello che deve dire, con le pause giuste, con i riferimenti corretti, e come dirlo, toni, sorrisi sempre da dispensare; l’altro si agita nelle polemiche, le subisce, le respinge, le lotta, le sconfigge (non sempre), sia a Roma sia a Milano.
L’AGGIUSTATUTTO – L’aggiustatore Ranieri è venuto a Roma – di nuovo, proprio come Spallettiuna decina di anni dopo – per aggiustare e sabato a San Siro ha quasi la possibilità di completare la riparazione: vincendo in casa dell’Inter si ritrova improvvisamente vicino il terzo posto, quanta grazia. E Lucio, invece, se ne vuole andare in fuga, possibilmente dando un bel calcione alla Roma, che nella sua seconda avventura, forse, non lo ha capito. O magari non si è spiegato bene, chissà. Piccoli rancori. Tra i due non ci sono troppi precedenti sul campo, solo quattro, in serie A e sempre scontri tra Roma e Juve (tre successi per i bianconeri di Ranieri e un pareggio). Era la Roma del primo Spalletti (che spettacolo, quella) ed era la Juve rinnovata e in ripartenza del post Calciopoli, non un granché: biennio 2007-2009. Sono passati poco più di dieci anni dall’ultima volta che si sono scontrati, eravamo all’Olimpico, passa con un treno la Juve di Ranieri sulle macerie di una Roma spallettiana dilaniata dagli infortuni (succedeva anche all’epoca): lo storico 4-2-3-1 era rinforzato dall’esordiente Filipe, da Tonetto alto a sinistra, da Loria al centro della difesa. In panchina, tanto per far capire la disgraziata serata: Artur, D’Alessandro, Malomo, Brosco, Stoian, Crescenzi e Montella. Finisce 4-1, reti di Iaquinta, pari illusorio di Loria, quindi ancora Iaquinta, Melberg e Nedved. Era il 21-marzo 2009, appunto dieci anni fa. Male per la Roma e Spalletti anche all’andata: 2-0 – Del Piero e Marchionni – per la Juve e tutti a casa. Nell’anno precedente, spettacolo vero all’Olimpico: Roma, bellissima, rimonta la rete di Trezeguet con una doppietta di Totti e nel finale gol beffa di Iaquinta. Unico pari di Spalletti, che perderà la sfida di ritorno di quella stessa stagione (2007-2008), 1-0, Del Piero. In comune, oggi, un’altra cosa ce l’hanno: il modulo. Quel 4-2-3-1, marchio di fabbrica di Spalletti, usato ora anche da Ranieri, cultore invece del 4-4-2. Ieri l’allenatore della Roma ha provato Pellegrini al fianco di Cristante nei due di centrocampo. Questo apre la strada all’ipotesi di rivedere un attaccante (Under o Kluivert) alto a destra, con Zaniolo trequartista.