De Vito, le mosse del M5S per togliergli la presidenza
IL MESSAGGERO – DE CICCO – «L’abbiamo spuntata su Siri, non possiamo tenere lì De Vito». Lo scranno più alto dell’Assemblea capitolina è diventato un cruccio per i 5 Stelle romani. Dal 20 marzo scorso, quando il potente presidente del Consiglio comunale è stato arrestato per corruzione nella tormentata vicenda dello stadio a Tor di Valle, i grillini non riescono a scalzarlo dal vertice dell’Aula Giulio Cesare. Hanno chiesto lumi ad avvocati e dirigenti, pareri formali e informali, ma niente. Il Segretariato generale, da ultimo, ha messo nero su bianco che l’avvicendamento forzoso, con le norme attuali, sarebbe senza precedenti. E quindi rischioso sul fronte legale, con lo spettro di una sostanziosa richiesta di risarcimento danni dell’interessato.
Quanto a lui, De Vito, di lasciare la presidenza dell’Assemblea, non ci pensa proprio. Lo ha scritto anche in una lettera del 13 aprile scorso, vergata da Regina Coeli e indirizzata a Virginia Raggi ma anche a tutti i colleghi del Consiglio. Le dimissioni? «Non posso, non voglio e non debbo farlo!». Ha citato, De Vito, gli articoli del Regolamento dell’Assemblea capitolina, che conosce a menadito. Arrivando a contestare perfino «la sospensione e sostituzione temporanea» decisa dalla Prefettura e considerata da lui «priva di presupposti», così come «qualsiasi atto mi abbia privato» dell’«iscrizione al M5S». Giovedì, nel primo confronto con gli inquirenti, De Vito ha giurato di non essere «un corrotto», assicurando, come riferito dai suoi legali, che «sul progetto stadio le decisioni sono state condivise dall’intero gruppo del M5S».
Per scacciare l’imbarazzo di tenere al vertice del Consiglio della Capitale un presidente in arresto per corruzione, gli stellati da settimane sono al lavoro per trovare una scappatoia tecnica. Obiettivo: votare la destituzione. Sta prendendo quota una soluzione in particolare. Che passa dalla modifica del Regolamento del Consiglio comunale. Toccherebbe cambiare il passaggio che oggi, come ha ricordato il Segretariato, consente di contestare l’operato del presidente «esclusivamente quanto all’esercizio delle funzioni di corretta direzione dell’organo consiliare». Insomma, solo per reati avvenuti in Aula, non fuori. Dovrebbe essere depennato poi l’obbligo di discutere il provvedimento di rimozione prevedendo «in contraddittorio, l’intervento del consigliere di cui si chiede la revoca». Circostanza che, con De Vito in carcere, non potrebbe logicamente essere ottemperata.
SPONDA DELL’OPPOSIZIONE «Si tratta di adeguare il regolamento del Campidoglio ai dettami della legge Severino», spiega un consigliere M5S di prima fascia. Il piano è già stato condiviso con i capigruppo dell’opposizione, come conferma Giulio Pelonzi, che guida la pattuglia del Pd. «È un’opzione che ci hanno chiesto di valutare. I tempi per andare in Aula? Prima, da quello che abbiamo capito, i 5 Stelle devono ricevere alcune rassicurazioni tecniche». E forse anche trovare una quadra politica, perché non tutti, tra i grillini, sono disposti a mollare l’ex collega di partito. Le cui parole davanti ai pm, a più d’uno, sono sembrate anche dei messaggi in codice. Come a dire: le scelte sullo stadio le abbiamo fatte insieme.