IL MESSAGGERO – CARINA – Breve storia di un predestinato che non ha mantenuto le promesse. Trenta luglio del 2012: la Roma annuncia «l’acquisto temporaneo di Mattia Destro a fronte di un corrispettivo di 11,5 milioni». L’accordo prevede il diritto di opzione per l’acquisizione a titolo definitivo per un valore di euro 4,5 milioni e nell’affare rientrano anche Piscitella e Verre, valutati rispettivamente 1,5 e 3 milioni. All’epoca in molti lo definirono un colpo. E in effetti Destro aveva la stigmate del centravanti del futuro: classe ’91, si trasferisce da Ascoli a Milano all’età di 14 anni dove con le giovanili dell’Inter vince tutto (un campionato giovanissimi, uno con gli allievi nazionali, prima di diventare il bomber della Primavera che trionfa al torneo di Viareggio). Dopo una breve parentesi al Genoa (2 gol in 12 gare) passa al Siena (12 reti in 30 partite) e quindi alla Roma. Prima stagione difficile, sia per la convivenza con Osvaldo che per il mancato feeling con Zeman (segna 6 gol in 21 gare ai quali vanno però sommati i 5 in coppa Italia che permettono alla Roma di arrivare in finale). Esplode nella seconda: 13 centri in 20 gare (media di una rete ogni 93 minuti), segnando gol sporchi da uomo d’area ma anche prodezze come il gioiello da centrocampo contro il Verona.
CRESCITA BLOCCATA – All’improvviso qualcosa s’inceppa. L’ex ds giallorosso Sabatini, al momento della cessione in prestito al Milan nel gennaio del 2015, chiama in causa il famigerato ambiente, argomento che da queste parti fa sempre molta presa: «Qui era oppresso da tante cose difficili da raccontare. Dualismo con Totti? Non posso parlarne ora in poche parole… Mattia ha scontato alcuni giudizi». Trasferimento in rossonero che sarà ricordato per Galliani che si reca a casa del centravanti in zona Eur, e citofonando chiede di salire: «Sono fuori, mi può aprire?». La numero 9 sulle spalle e Pippo Inzaghi a guidarlo in panchina, sembrano il trampolino di lancio perfetto per spiccare il volo. Destro, però, va in rete solo tre volte (una con il classico gol dell’ex alla Roma). Nel frattempo, incassa la seconda delusione in azzurro: dopo che nel 2012 era stato inserito nei pre-convocati per l’Europeo salvo poi esser tagliato in extremis, nel 2014 il copione si ripete per il Mondiale. Scaricato dalla Roma, Mattia prova a ripartire dalla provincia e nel 2015 si accasa al Bologna. Anche qui, pochi gol (18 in 95 gare di serie A, tra cui un altro immancabile centro da ex ai giallorossi su rigore) e tanti mugugni con esclusioni e litigi. Nemmeno ritrovare Inzaghi, che lo aveva voluto al Milan, lo riaccende. Il resto è storia recente: con Mihajlovic lascia il segno alla seconda presenza, prima da titolare, la settimana scorsa contro il Genoa. Proprio in tempo per incontrare domani la Roma. Intanto, sul suo conto, Sabatini ha corretto il tiro: «Ha un carattere particolare, è un po’ permaloso, un po’ troppo aristocratico». Il vero limite di un ragazzo che poteva fare un’altra carriera.