Il parere segreto su Tor di Valle: “Si può dire di no senza penali”
LA REPUBBLICA – Sullo Stadio della Roma il Campidoglio avrebbe potuto tornare indietro, dicendo «no» al progetto. Così, esattamente tre anni fa, scriveva Magnanelli, legale dell’avvocatura capitolina responsabile del settore urbanistica. Quelle sette pagine, segretate e riservate soltanto agli occhi della prima cittadina, oggi sono finite tra gli atti dell’inchiesta della procura della Corte dei Conti su Tor di Valle. E il documento ha ancora oggi un peso. Per averne una copia, la Guardia di Finanza ha dovuto chiedere prima all’avvocatura di palazzo Senatorio. Poi, per due volte, a quella del capo di gabinetto, Castiglione. L’atto che definisce «non vincolante» per il Comune la delibera votata dal consiglio comunale nel 2014 e apre a un suo eventuale annullamento in autotutela. Tanti i motivi, secondo l’avvocato Magnanelli, per tornare indietro: le cubature concesse ai privati (14% per lo stadio, 86% per il business park) provocano «perplessità». Al pari delle modalità con cui si prevedeva di finanziare le opere pubbliche, dall’ammodernamento della Roma-Lido al nuovo sistema viario. Seguono altri due possibili vizi. Le norme sulla realizzazione degli stadi puntano prima di tutto sul recupero degli impianti esistenti. La decisione di puntare su Tor di Valle, un’arca non edificata, avrebbe dovuto essere puntualmente motivata nello studio di fattibilità del progetto. Senza le adeguate giustificazioni, avverte l’avvocatura dopo aver bocciato la delibera dell’Assemblea capitolina, c’è il «rischio di annullamento».