La pazienza finita del capitano stufo di fare solo il gagliardetto
IL MESSAGGERO – FERRETTI – Francesco Totti si è stancato di fare (ancora) il gagliardetto della Roma; di essere esibito, di essere sventolato – in pubblico e al pubblico – nonostante il suo status di dirigente. Vorrebbe essere più operativo, vorrebbe incidere di più nelle faccende tecniche della Roma al di là dell’etichetta messa accanto al suo nome. Due anni dopo il suo addio al calcio, ha deciso che è arrivato il momento della chiarezza, del dentro o fuori: gli è stato offerto il ruolo di Direttore tecnico, ma ha preso tempo. Ha rinviato la risposta perché non ha ancora ben chiaro quale sarebbe il suo (nuovo) lavoro. Non si fida, in parole povere, di quanto gli stanno proponendo gli uomini di James Pallotta. Non ne fa, però, un discorso personale; anzi, all’ad Guido Fienga riconosce una sostanziosa linearità di comportamento, ma questo non gli è bastato per dire sì alla proposta arrivata da via Tolstoj. Forse perché non dimentica, e non ha nessuna intenzione di dimenticarlo, che a capo del management di Pallotta c’è il suo “nemico” Franco Baldini. Cioè colui che l’ha accompagnato fuori dal campo, che prima ancora gli aveva rinfacciato di avere un ufficio nella sede di Trigoria oppure una pigrizia sconosciuta ai più. Teme, Francesco, che fin quando ci sarà il toscano nelle grazie di Jim per lui ci sarà sempre uno spazio ridotto. Marginale. Ecco perché chiede chiarezza: non vuole restare alla Roma per il fatto di essere Francesco Totti, ma perché la società crede realmente nelle sua capacità dirigenziali. Lui è convinto di poter dare una mano, di contribuire con le sua esperienza e le sue conoscenze alla crescita del club: tipo Paolo Maldini, neo dt del Milan. Non chiede di essere l’unico a decidere, ma neppure l’unico a non farlo. E da due anni nella testa gli rimbalza una domanda: ma mi hanno fatto dirigente solo per dare un contentino alla piazza dopo il mio addio al calcio? Per ora, ha trovato un’unica risposta. Sottolineata dai fatti. Perché la nuova Roma sta nascendo senza il suo contributo. Eppure, gli era stato chiesto di parlare con Antonio Conte (fatto), di tenere rapporti con Rino Gattuso (fatto), ma alla fine è stato scelto Paulo Fonsecasenza che nessuno lo interpellasse. È stato invitato al recente summit di Londra ma – a giochi già fatti – ha preferito restare a casa.
RABBIA E DELUSIONE La faccenda che lo riguarda gli crea più arrabbiatura che delusione. Ecco perché chiede sincerità: se non vi sto bene, ditemelo e io mi faccio da parte. La sua posizione è questa. Netta. Semplice. Non un ultimatum né cose simili. Chiede solo una risposta precisa ad una domanda precisa: vi serve un gagliardetto o un dirigente? Eliminato (e in quel modo…) Daniele De Rossi, la sensazione è che la Roma che parla uno slang tosco-statunitense non avrebbe difficoltà a privarsi anche di Totti. La novità è che, mai come in queste ore, Francesco sta pensando ad una separazione dal suo amore di una vita. Lontano da Trigoria potrebbe guadagnare – nei modi più variegati – gli stessi soldi (o forse di più…) che oggi gli vengono garantiti da Pallotta, ma non la considererebbe una vittoria.