GAZZETTA DELLO SPORT – «Niente alibi». È il messaggio diretto che la «nuova» Roma vuole mandare dentro e fuori Trigoria. Nonostante tutto, nonostante l’ennesimo torto arbitrale subito in Europa. La voglia, però, è quella di cambiare pagina, di dare una ventata nuova anche alle relazioni interne ed esterne. Ma, soprattutto, cercare di non creare situazioni in cui i giocatori possano trovare una propria «comfort zone», scaricando altrove eventuali colpe proprie. Anche se, poi, a dire il vero, contro il Borussia Mönchengladbach se c’è stata una colpa quella è tutta dell’arbitro scozzese Collum, che ha di fatto inventato il rigore del pari tedesco. La cosa ovviamente ha fatto arrabbiare i dirigenti giallorossi, a Roma come a Boston.
Il primo grande torto internazionale degli ultimi anni la Roma lo subisce a Barcellona, il 4 aprile del 2018, quando l’arbitro olandese Makkelie non concede un rigore solare per fallo di Semedo su Dzeko. Il Barça vincerà per 4-1, poi ci penserà Manolas a rendere giustizia ai giallorossi con il gol del 3-0 al ritorno. Cosa che non succede poco dopo nella semifinale con il Liverpool. Ad Anfield Road il 3-0 di Manè è viziato dal fuorigioco di Salah, all’Olimpico lo sloveno Skomina non vede una parata clamorosa di Alexander-Arnold su tiro di El Shaarawy in area sul 2-2: sarebbe stato rigore ed espulsione per il difensore inglese. Quindi l’edizione scorsa, quando la Roma esce agli ottavi per mano del Porto (6 marzo 2019), perdendo fuori casa 3-1 ai supplementari. Solo che il turco Cakir non vede proprio all’ultimo minuto del secondo tempo supplementare il tocco di Marega sulla gamba di Schick: fallo proprio mentre il ceco stava uscendo dall’area, con Schick che protesta anche platealmente ma Cakir che si affida al silent check. Risultato? Roma fuori dalla Champions League.