7 Apr 2019In Rassegna stampa4 Minuti

Lo stadio a Tor di Valle, De Vito sceglie il silenzio. I giudici: “resti in carcere”

IL MESSAGGERO – ERRANTE – Istanze respinte. Il presidente del Consiglio comunale Marcello De Vito e l’avvocato Camillo Mezzacapo, ritenuto dalla procura il suo braccio destro nella realizzazione di un «format» corruttivo per facilitare alcuni imprenditori romani – da Parnasi ai fratelli Toti – restano in carcere. Lo ha deciso il Tribunale del Riesame, che ha confermato anche i domiciliari per Gianluca Bardelli l’influencer Cinquestelle, e per l’architetto Fortunato Pititto, del gruppo Statuto.

L’INTERROGATORIO – Le motivazioni dei giudici non arriveranno prima di un mese e se per il Tribunale del Riesame il pericolo di inquinamento probatorio e reiterazione del reato è ancora concreto, adesso sarà proprio il presidente del Consiglio comunale, che davanti al gip si era avvalso della facoltà di non rispondere, a tentare di alleggerire la propria posizione. Il suo silenzio evidentemente non è piaciuto e in questa settimana, De Vito risponderà alle domande dei pm Barbara Zuin e Luigia Spinelli. Il suo avvocato, Angelo Di Lorenzo, aveva sollecitato un interrogatorio ancor prima della decisione del Riesame. Se fornisse elementi utili alle indagini potrebbe ottenere un’attenuazione della misura cautelare, ma è chiaro che per ottenere un simile risultato non potrà limitarsi a giustificare le contestazioni mosse dalla procura.

LA RETE – A fronte dell’assoluta mancanza di collaborazione da parte degli indagati (nessuno dei tre, finora, ha fornito elementi utili all’indagine) a rendere concreto il pericolo di reiterazione del reato, anche per il Tribunale, è probabilmente la rete di relazioni di cui aveva parlato il gip nell’ordinanza lo scorso 20 marzo. «I legami che De Vito e Mezzacapo con il contesto illecito di riferimento», scriveva il giudice Maria Paola Tomaselli, che aveva parlato di «una rete di relazioni, spesso opache», all’interno della quale si sarebbero mossi il presidente del Consiglio Comunale e il suo braccio destro. Quei contatti avrebbero potuto, e probabilmente secondo il Tribunale delle Libertà potrebbero ancora, consentire «lo svolgimento dell’illecita attività attraverso i molteplici appoggi che i due indagati hanno dimostrato di avere all’interno dell’amministrazione comunale e che sono in grado di attivare anche ricorrendo all’ausilio di terzi». Dagli atti emergerebbe come il pressing sui consiglieri comunali abbia consentito a De Vito di portare avanti i progetti dei costruttori disposti ad affidare a Mezzacapa cospicue consulenze. Un sistema di corruzione che la procura ha già contestato per il progetto dello stadio di Tor di Valle a Luca Parnasi e a Luca Lanzalone, il consulente plenipotenziario del Comune, a processo.
Ma c’è anche un altro aspetto che pesa sicuramente sulla decisione di ieri e riguarda le indagini ancora in corso. Le acquisizioni successive agli arresti non hanno attenuato la gravità del quadro indiziario. Gabriella Raggi, capo segreteria dell’assessore all’Urbanistica Luca Montuori ha raccontato come De Vito e Mezzacapo le chiedessero informazioni sui progetti.