IL TEMPO – AUSTINI – «Speravo de nasce dopo». Da Totti a De Rossi, l’evoluzione dell’ironia su uno striscione per sdrammatizzare un’altra notte che i romanisti non potranno mai dimenticare. Il numero 16, DDR, il biondo di Ostia, Capitan Futuro che è stato «Presente» per troppo poco tempo, saluta il suo popolo straziato. E pure parecchio arrabbiato: questo addio, a differenza di quello di Totti, non c’è stato tempo per metabolizzarlo.
Piangono tutti all’Olimpico, insieme al cielo. Ranieri, Bruno Conti, Totti. Generazioni di simboli romanisti che vedono scorrere il tempo maledetto e non reggono l’emozione. Un’inquadratura dopo l’altra a immortalare le lacrime giallorosse, non è una festa ma uno strazio. E si sapeva. Perché due botte così nel giro di due anni, no, non si può fare.
La cosa più incredibile è che mentre lo stadio intero – e buona parte della città a casa
davanti alla tv – si commuove, Daniele è il più sorridente. Mostra serenità, ride, sfoggia
una fierezza incredibile, la stessa di 18 anni vissuti sul campo a testa altissima, ieri
compreso. Sarà un modo per mascherare la tristezza, mala sua uscita di scena è una lezio-
ne di sport e di vita. E’ quasi imbarazzato da tanto amore, gli occhi lucidi li ha e ci mancherebbe, eppure non sembra uscire una sola lacrima.
I momenti più difficili da superare sono due. Negli spogliatoi prima di rientrare sul campo a prendersi l’amore dei tifosi trova la famiglia ad aspettarlo. Tre figli splendidi, la più grande, Gaia, è commossa, i bimbi Olivia e Noah ridono nella loro spensieratezza, la moglie Sarah fa altrettanto. Un quadretto fantastico, che spezza il cuore a tutti appena viene proiettato sui maxi schermi dell’Olimpico. L’altra pausa che fa sparire per interminabili secondi il sorriso dal volto di De Rossi è quella in cui si ferma sotto i Distinti, la colonna sonora da lui scelta con tanti pezzi «brit-pop» si spegne e i compagni che lo seguono nel giro di campo si bloccano dietro a lui: c’è la Curva Sud da salutare, la gente che vive per la Roma ed è impazzita a vederlo correre lì sotto dopo i gole i trionfi. DDR prende fiato, coraggio e riesce a salutare anche loro senza scoppiare in un pianto che sarebbe stato comprensibile. Ma lui è più forte di tutto, di nuovo. Dove lo ritrova la Roma uno con un carattere così? Il resto è rito, foto di famiglia sotto la Sud e con lo sfondo di quel bellissimo pallone sospeso in aria, con la scritta DDR a reggere una gigantografia con l’immagine di un’esultanza di Daniele. Gli striscioni che entrano allo stadio sono tutti per lui, niente insulti alla società che restano condensati nei cori, solo scritte d’amore. A cominciare dalla dedica della Sud in mezzo alle infinite bandierine «DDR» gialle e rosse: «Ci hai rappresentato in campo per 18 anni… da oggi la tua Curva rappresenterà te per sempre. Siamo tutti DDR». E poi, sparsi peri vari settori dello stadio: «Nei giorni belli e in quelli tristi sei stato la bandiera dei romanisti»; «Ultras dentro e fuori il campo!»; «Eternamente nostro capitano»; «Per 18 anni ci hai onorato… DDR vanto mai tramontato!»; «Simbolo di una città Daniele De Rossi orgoglio di noi ultrà». Per finire con uno slogan che sintetizza il senso di tutto: «De Rossi è il romanismo». L’assenza dei dirigenti in campo è voluta e opportuna, l’ospite a sorpresa è Buffon, all’Olimpico insieme ad altri campioni del mondo 2006 come Materazzi, l’«imbucato» è senz’altro Osvaldo, uno dei tanti ex compagni che non si è voluto perdere il momento storico. L’abbraccio più struggente con Totti, dopo quello agli eredi Pellegrinie Florenzi e a Ranieri. L’essenza dei colori, una notte di sentimenti e poche parole. Mentre tutti continuano a piangere Daniele se ne va e preferisce evitare interviste. La serata ha parlato per lui e lascia un enorme vuoto. Ma è un arrivederci.