Mancini: “La Roma sarà la sorpresa del girone di ritorno. Zaniolo mi ricorda Pogba e Riccardi sarà il nuovo Totti”
GAZZETTA DELLO SPORT – Il c.t. della Nazionale italiana Roberto Mancini ha rilasciato una lunga intervista alle pagine de la Gazzetta dello Sport dove si sofferma su molti argomenti: dai giovani talenti emergenti in Serie A agli ultimi episodi di razzismo fino alla malattia che ha colpito il suo amico Luca Vialli. Queste alcune delle sue dichiarazioni:
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Cosa le piace di Barella?
«Lo dicevo a Tardelli a Coverciano: “Ti assomiglia”. Ha qualità tecnica, tiro, non perde la palla, la prende di testa nonostante non sia alto, non molla mai, si inserisce, ma deve segnare qualche gol in più. Per essere un giovane con poche partite in A, ha una padronanza del ruolo molto importante. Un modello per quei giovani che hanno tutto tranne quel qualcosina in più da trovare dentro per il salto di qualità».
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Se Barella è come Tardelli, chi le ricorda il «suo» Zaniolo?
«Oggi fa il trequartista, ma per potenza atletica lo vedo anche a tutto campo, alla Pogba».
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Non è stata ingenerosa la bocciatura di Lazzari, provato in Portogallo in un’Italia troppo sperimentale?
«Gli ho fatto giocare una partita difficile, molto difficile, per conoscerlo meglio: lui ha fatto benissimo la fase offensiva, meno bene quella difensiva in marcatura su Bruma. Ma vedo che continua a giocare sempre bene. Non l’ho più chiamato, ma non l’ho bocciato. Anzi…».
Presto Koulibaly tornerà a San Siro per Milan-Napoli. Il sindaco Sala ha detto «Tornerò allo stadio, ma ai primi “buuu” mi alzerò e me ne andrò». E lei che sarà in tribuna, cosa farà?
«Confido che non riaccada, che il precedente abbia insegnato qualcosa. Nel 2019 sono cose assurde, non dovrebbero neanche più venire in mente».
Prandelli propose: «La prossima volta che fischiano Balotelli, abbracciamolo tutti». Se Mario tornerà in Nazionale e dovesse succedere, lei cosa farebbe?
«I giocatori in campo potrebbero fermarsi. Anche se, visto che sono cose fatte da cinquanta persone su sessantamila, magari solo per stuzzicare qualcuno, innervosirlo, le altre 59.950, sicuramente più intelligenti, potrebbero coprire quei fischi o quei cori».
Però Matteo Salvini ha appena detto che sospendere le partite non si deve: la linea del nostro governo è diversa da quella dell’Uefa, dello sport. Non è pericoloso minimizzare?
«Minimizzare non si deve. Se la cosa dovesse ripetersi un’azione clamorosa può servire, a costo di penalizzare il 99% degli spettatori allo stadio: i giocatori potrebbero perlomeno fermarsi, smettere di giocare».
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Cinquant’anni dal Pallone d’Oro di Rivera: dove sono finiti i numeri dieci?
«Ne abbiamo avuti troppi, purtroppo, dal ‘70 in poi: uno ogni dieci anni, almeno. Ma la differenza è anche un’altra, rispetto a oggi: i Rivera, gli Antognoni, i Baggio, i Totti, i Del Piero a vent’anni avevano alle spalle già un sacco di partite in A. Ora giocatori così non ne abbiamo, speriamo che tornino fuori per il prossimo Mondiale: magari Riccardi della Roma, o Vido del Perugia, che però non ha ancora un ruolo ben definito».
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Chi sorprenderà al ritorno?
«La Roma. Ha giovani che stanno facendo esperienza. Si sta riprendendo. L’Atalanta può confermarsi: ha segnato più della Juve, anche se subisce di più. Ma se devo vincere una partita, preferisco 5-3 che 1-0. Due a zero va benissimo…».
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Primo Capodanno da c.t.: discorso alla nazione?
«Vorrei che la mia Italia trasformasse tutto il gioco che fa in qualche gol in più. Per il resto sono felice di tutto, a cominciare dall’empatia che si è creata fra i giocatori. Felice e orgoglioso, anche della gioia di mio padre nel vedermi in questo ruolo».
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Come ha vissuto il dolore di Gianluca Vialli?
«Gli sono sempre stato vicino, non abbiamo mai smesso di sentirci. Ma della malattia non abbiamo parlato. Io non ne avrei avuto la forza, lui non lo ha fatto e ho rispettato il suo silenzio. Ho saputo della malattia da un suo amico. Quando ci sentiamo io e Luca è per cazzeggiare… Ma non è mai mancato un solo giorno nelle mie preghiere. C’è una cosa che non gli ho mai detto: per me Luca è sempre stato un esempio, da quando ci conosciamo, per l’impegno e la serietà con cui faceva le cose; per le responsabilità che si prendeva. Per questo è stata ancora più difficile da accettare la malattia. Si era ammalato un fratello. Ma è una roccia e ancora una volta ha dimostrato la sua forza. Ci siamo visti a Londra da poco: sta bene, controlli perfetti. E’ il più forte. E possiamo continuare a cazzeggiare» .