GAZZETTA – CECCHINI – Qual è l’età che ci fa attraversare il confine tra la speranza e il rimpianto? Difficile dare risposte certe. In letteratura, scrittori come Josè Saramago, Frank McCourt o Charles Bukowski hanno conosciuto la vera celebrità dopo i cinquant’anni, così come Antonio Mirante, alle soglie dei 36 anni, l’8 luglio, ha scoperto l’amore di Roma quando forse non ci pensava più. Non nascondiamoci, se la squadra giallorossa fino al 26 maggio coltiverà ambizioni di Champions, il merito va molto a questo portiere di Castellammare di Stabia – cresciuto tra l’altro nello stesso club in cui, anni più tardi, masticherà la prima polvere Gigio Donnarumma – che contro la Juventus ha miracoleggiato su Cuadrado e Dybala.
Lui e Buffon
Ma sorprendersi sarebbe sbagliato, se si pensa che è stata proprio la società bianconera a capire le sue potenzialità ed acquistarlo dal Sorrento a 17 anni, mantenendone poi il completo controllo fino a quando Mirante non ne compie 24. In mezzo, c’è stata l’età del sogno, da metabolizzare sui campi di Crotone e Siena, prima e e dopo avendo l’onere e l’onore di essere il vice di Gigi Buffon alla Juve, in cui ha giocato nella stagione della vittoria del campionato di Serie B. Già, Buffon. Un amico, però anche un monumento, su cui Antonio ha detto delle parole ultimative. «Gigi è un Maradona. Uno come lui nasce ogni cento anni, ma ha rovinato una generazione di portieri. Ha schiacciato con la sua bravura tanti portieri di talento». Proprio vero. Per questo la vera carriera da protagonista di Mirante è cominciata dopo, tra Sampdoria, Parma e Bologna. «Cercavo continuità, e con davanti Buffon, non potevo averla».
Rimpianto azzurro
L’altro, cruccio, forse, è stata la Nazionale. «Non è un ricordo bello. Sono stato preconvocato per il Mondiale del 2014 e per l’Europeo del 2016. Forse meritavo una competizione importante, ma non sono andato per scelte tecniche, credo. È un rammarico grande. Nel 2016 avrei meritato di più». Quell’anno, però, è diventato fondamentale per altro. Un problema cardiaco accusato ad agosto gli fa temere di dover smettere col calcio. Disperarsi è normale, finché suo padre non pronuncia poche parole che cambiano la sua prospettiva: «Mi disse che dovevo pensare di essere stato fortunato per avere avuto la fortuna e il privilegio di poter giocare in A fino a 32 anni. Da quel momento, cominciò la discesa». E un mese dopo torna a riallenarsi.
Da Cragno a Trapp
Il destino, due anni più tardi, gli ha regalato la chance Roma. Pensava di dover essere solo il vice di Olsen, ora invece è molto di più. «Giocare è bello, e non è questione di pensare a cosa farò il prossimo anno – ha detto –. Nonostante fossi il secondo ho sempre pensato come se dovessi scendere in campo. E ovviamente ci speravo». Morale: con la Juve è arrivata la 100a partita a reti inviolate della carriera e la certezze che la Roma – che lo ha acquistato per 5 milioni – lo confermerà. Certo, a Trigoria stanno cercando un titolare – piacciono Cragno e Sirigu, ed è stato offerto anche Trapp – però Mirante non fa drammi. L’età dei rimpianti non è ancora arrivata. E chissà se lo farà mai.