Pareggiare rafforza Roma e Milan, attaccate all’Europa
REPUBBLICA – CURRO’ – Nella grande ammucchiata per la Champions, traguardo milionario esteso a più concorrenti per via degli inciampi dell’Inter, Milan e Roma restano avvinghiate. L’abbraccio finale tra eroi di Berlino, De Rossi capitano romanista e Gattuso stratega milanista, è la sintesi del mucchio selvaggio, che dietro Juventus e Napoli rimane il solo vero motivo agonistico del campionato. La trama del pareggio di ieri è stata un po’ avventurosa. La Roma ha saputo reagire ai fischi dei suoi tifosi per la disfatta di Firenze in Coppa Italia, Di Francesco agli epitaffi anticipati all’ombra di Paulo Sousa. Con la Curva Sud presto spopolata, per protesta e accompagnata dai cori contro il presidente Pallotta e l’altezzoso Kolarov, l’1-0 a metà partita, firmato dall’implacabile Piatek, avrebbe messo al tappeto una squadra meno orgogliosa e dotata di talento: non è un caso che il gol del riscatto l’abbia segnato il 19enne Zaniolo e che il 22enne Pellegrini abbia sfiorato la rimonta, stoppata solo dal palo. Ma anche Gattuso esce rafforzato dall’Olimpico, stesso stadio in cui due mesi e mezzo fa il ministro Salvini, incontenibile sui social, lo bollò come incapace: lo hanno aiutato sì le formidabili parate di Donnarumma, però con Suso e Çalhanoglu in versione meno spenta avrebbe probabilmente controllato meglio il vantaggio. La si può definire maturità di squadra: raggiunta, per paradosso, proprio quando l’addio di Higuain ha abbassato l’età media. Con Florenzi esterno offensivo a sinistra, Zaniolo in suo appoggio e Kolarov più ala che terzino, Di Francesco aveva studiato una tattica ad hoc per inchiodare al di qua della metà campo l’intera catena di destra milanista Calabria-Kessié-Suso. Completava il marchingegno il bracconaggio di Pellegrini su Bakayoko, la mossa che tagliava i rifornimenti a Paquetá e a Piatek. Qualche giocata imprevedibile di Zaniolo e gli agguati in area di Dzeko sfuggivano al controllo. Scampato all’egemonia romanista nei primi 20’, il Milan ha morso la partita a metà tempo con i due neoacquisti di gennaio. Paquetá, svellendo il pallone all’altezza della bandierina all’ingenuo Pellegrini, lo ha dribblato in un fazzoletto e lo ha recapitato in area: il fainesco Piatek ha anticipato Fazio d’esterno destro e ha firmato il primo gol in campionato con la nuova maglia. Le tre notevoli parate di Donnarumma, a una mano su diagonale di Zaniolo, in balzo su schiacciata di testa di Schick e infine di piede in uscita sulla ribattuta di Dzeko, garantivano in teoria la situazione tattica più adatta ai contropiedisti di Gattuso e in particolare al velocista Piatek. Invece il 1° episodio della ripresa ha ripristinato l’equilibrio: Donnarumma ha evitato l’autogol di Romagnoli su cross di Karsdorp, ma non ha battuto le leggi della fisica, quando Zaniolo ha scaraventato in porta l’1-1 da un metro. Il portiere si sarebbe ripetuto con un volo su colpo di testa di Dzeko. In mezzo c’era stato il rigore su Suso per il blocco di Kolarov: Maresca l’ha ignorato col conforto audio del Var (fuorigioco o assoluzione?). Di Francesco ha varato la logica staffetta El Shaarawy-Florenzi, mentre Gattuso, constatato l’esaurimento delle energie di Paquetá, ha inserito Castillejo e arretrato Çalhanoglu. Soltanto il palo, però, ha fermato il colpo di testa di Pellegrini, cui è stato in compenso risparmiato il 2° giallo per un fallo su Suso. L’innesto finale di Cutrone e Laxalt ha dimostrato la volontà di sottrarsi all’assedio per provare a vincere. E la parata di Olsen su Laxalt ha detto che la gara per la Champions sarà ancora lunga, forse appassionante, certamente equilibrata.