7 Feb 2019In Rassegna stampa4 Minuti

Roma e Lazio, 101 storie di tifo e di passioni

LA REPUBBLICA – PINCI – Cos’hanno in comune un prete laziale venuto da Leon, nelle Filippine, e un romanista nato a Kokkola in Finlandia? Li raccontano due libri gemelli che hanno indagato le prospettive del tifoso a Roma attraverso i ricordi di persone diverse: non una classifica ma il campione di un popolo che si riconosce nell’identità calcistica. “Romanisti” e “Laziali” – entrambi “in 100 personaggi (+1)”, editi da Typimedia – di quell’identità raccolgono le parole, le sensazioni delle sconfitte più brucianti, di quella partita che non si può scordare, di una vittoria che ha fatto nascere un amore. Attraverso il ritratto parlante di nomi noti ma anche di anonimi che vivono quel sentimento quotidiano che è la passione per la propria squadra. Inevitabili le scosse di nostalgia, alimentate dalle copertine dei 45 giri di Tony Malco che evocheranno agli appassionati biancocelesti l’emozione degli inni del club. Mentre i disegni del mitico Paolo Samarelli faranno rivivere ai romanisti la gioia dei gol più belli della storia della loro squadra. Quelle pagine nascondono anche racconti commoventi come quello di Marco Rosci, il padre di Flavio e Francesco, gemelli tifosissimi della Lazio e affetti dal morbo di Batten. I medici dissero a Marco e alla moglie Paola di portarli il più possibile allo stadio, perché l’entusiasmo di andarci avrebbe rallentato la degenerazione della malattia e stimolato più a lungo le loro facoltà percettive e cognitive. «Senza la Lazio probabilmente avremmo mollato, ci dà la forza di continuare», racconta il papà.

Magie di una passione che ha contagiato persino Francesco Totti, che ha firmato la prefazione del volume riservato ai 100 (+1) romanisti (il “+1” è il calciatore giallorosso Lorenzo Pellegrini): “Nel corso degli anni dall’essere Totti sono diventato Francesco, o Checco. Quando un tifoso parla di me pur non conoscendomi parla come di un amico”. La prefazione del volume laziale è invece di Simone Inzaghi: “Essere della Lazio significa essere diversi, distinguersi dalla massa. Un modo di vivere la passione che ho tramandato ai miei figli”. Passione che non ha luogo né geografia. Chiedere nel dubbio a padre Fritz Tohoy, sacerdote filippino oggi parroco a Verona. Ma quando arrivò dalle Filippine a Roma i romanisti non gli stavano simpatici, “e quindi quasi per reazione sono diventato laziale”. Storia senza confini anche quella di Juha Ahtinen, che pur vivendo in Finlandia vede una ventina di partite della Roma ogni stagione: all’Olimpico, ma anche in qualche trasferta, pianificando le ferie in base alle partite della squadra giallorossa. Prenota l’ostello dalle parti di via del Corso e resta anche solo per un giorno, pur di esserci. Insieme a loro, anche nomi più noti: il virologo Roberto Burioni («Avevo dieci anni e mi innamorai della Lazio di Chinaglia, la scomparsa di Maestrelli e Re Cecconi ha rafforzato la passione») e il presidente del Coni Malagò. Come allo stadio: hanno tutti posti diversi, ma una passione colorata con le stesse sfumature.