Roma, ti ricordi? Un anno fa affossò il Barça adesso è cambiato tutto
GAZZETTA – CECCHINI – Il culto della memoria, in fondo, può essere anche uno strumento per riconquistare il passato. Oggi, ad esempio, riassaporando la storia del 3-0 inflitto al Barcellona in Champions League un anno fa, la Roma non prova solo la dolcezza di una serata epocale, ma vive anche l’autoconvincimento, in tempi malinconici, che tutto è sempre possibile, che il fatturato non corre in campo, che il blasone non basta e che, anche se Messi gioca contro di te, non c’è bisogno di Obama per dire: «Yes, we can». Certo, la sensazione è che a Roma le lancette viaggino più velocemente che altrove, e proprio quella notte lo dimostra. Un anno fa Eusebio Di Francesco, tirando fuori a sorpresa dal cilindro la difesa a tre, era il santo laico di una città, il d.s. Monchi il Lancillotto del mercato e il presidente Pallotta il re taumaturgo della storia giallorossa, capace di riportare il club ad una semifinale di Champions/Coppa Campioni che mancava da 34 anni. Per giunta dopo aver perso l’andata (immeritatamente) per 4-1. Quanto basta perché per una notte anche lo stravagante fosse lecito. E così Pallotta si tuffò in una fontana di Piazza del Popolo, pagando una multa di 450 euro e donandone 230.000 per il restauro, quasi a sancire un legame infinito con la città.
cambiamenti Eppure 365 giorni dopo tutto sembra cambiato. E non si tratta della classifica deludente o della Champions abbandonata (con giuste polemiche) agli ottavi contro il Porto. Pensateci. Nonostante le irridenti smentite su interesse dei fondi del Qatar per il club, il presidente sembra aver perso ascendente sul tifo e così manca da Roma da quei giorni, il d.s. Monchi si è dimesso inseguito dagli strali pallottiani, il d.g. Baldissoni è diventato vicepresidente con deleghe legate al nuovo stadio, il Coo Guido Fienga è diventato Ceo con deleghe sportive, Di Francesco è stato esonerato e lo staff medico accomiatato, così come alcuni dei simboli di quel match, cioè Alisson, Strootman e Nainggolan. Non basta, perché per motivi diversi nessuno dei tre «cavalieri che fecero l’impresa – Dzeko, De Rossi e Manolas – ha la certezza di restare, anche se siamo convinti che neppure questo farà scolorare il ricordo della partita.
EMOZIONE UNICA Non ci sorprende. Tutti coloro che quella sera hanno avuto uno spicchio di Roma addosso, hanno raccontato una certezza, quella di aver vissuto «l’emozione più grande» della vita calcistica. Lo ha detto Manolas, l’uomo copertina del trionfo, lo ha ribadito un anziano bucaniere delle aree di rigore come Dzeko, lo ha confermato capitan De Rossi, che pure ha vinto un Mondiale, e lo hanno salmodiato come un rosario tutti in coro, mentre da Barcellona lo stesso presidente Bartomeu pochi giorni fa ha detto: «Quella sconfitta è stata una lezione che non dimenticheremo». Certo, il ricordo di aver scritto una pagina nella storia del calcio, forse aiuterà poco la quotidianità di Ranieri, ma è anche un modo per far lievitare, nell’immediato, il sogno dell ritorno in Champions e, in futuro, quello di leopardiane «magnifiche sorti e progressive». A pensarci bene, non è poco.