IL TEMPO – SCHITO – Il caso dell’aggressione di Sean Cox è chiuso, a meno di nuovi e inattesi sviluppi. Simone Mastrelli, presente ad Anfield in occasione della sfida tra Liverpool e Roma del 24 aprile 2018, si è dichiarato colpevole dell’assalto ai danni del tifoso dei Reds che finì in coma in seguito agli scontri, avvenuti poco prima della semifinale di Champions League. Il trentenne romano è stato condannato a 3 anni e mezzo di prigione, dopo essere stato estradato il mese scorso in seguito alla cattura, perfezionata dopo che nei suoi confronti era stato spiccato un mandato d’arresto internazionale. Durante il processo, la corte ha ascoltato la testimonianza del fratello di Sean Cox, Martin, che ha ricostruito i minuti dell’assalto, descrivendo come «puramente casuale» la loro presenza sul luogo degli scontri. La famiglia Cox è irlandese e la presenza ad Anfield era dovuta all’importanza del match. «La realtà dei fatti – ha dichiarato Keith Sutton per la pubblica accusa – è che è altamente probabile che Cox non riesca più a vivere una vita autonoma. La speranza è che a un certo punto sia per lui possibile tornare a casa, ma avrà bisogno di un supporto particolare e una terapia aggiuntiva, oltre alla lunga riabilitazione».
Particolarmente toccante la testimonianza della figlia di Cox, Shauna, che si è rivolta direttamente a Mastrelli, presente in aula: “Prima di questo brutale attacco, mio padre era un uomo in salute, una persona perbene con una grande passione per la vita. E’ andato a vedere il Liverpool quella sera e non ha più fatto ritorno a casa. Questa aggressione ha lasciato papà e la nostra famiglia in una situazione terribile: non sappiamo come procederà e la cosa ci spaventa. Negli ultimi dieci mesi, abbiamo passato il tempo al capezzale di mio padre, celebrando lì i compleanni e il Natale. Tutto quello che vogliamo e rivederlo a casa con noi, preghiamo per questo tutti i giorni”.
Mastrelli, arrivato nella zona degli scontri con il volto coperto da un passamontagna, ha ammesso la propria colpevolezza. Nella ricostruzione dei fatti, confermata dal giudice Mark Brown, si legge che il tifoso romanista, dopo aver rifilato a Cox il pugno che lo ha condotto in coma, «è entrato tranquillamente allo stadio per godersi la partita, un dettaglio di enorme insensibilità alla luce di quello che era appena successo». Una versione confermata dal video degli scontri, trasmesso durante l’udienza. Per l’aggressione a Sean Cox era stato assolto un altro tifoso della Roma, il ventunenne Filippo Lombardi, comunque condannato a tre anni di reclusione per gli incidenti. Già condannato anche un terzo tifoso giallorosso, Daniele Sciusco: due anni e mezzo di prigione dopo aver ammesso di aver preso parte agli scontri.