Totti via: «Preferivo morire». I veleni e la promessa dell’ex capitano: «Torno con una nuova proprietà»
LA REPUBBLICA – PINCI – Un testamento di 90 minuti, anche per durata la sua ultima partita: non con la Roma ma contro. Il divorzio di Francesco Totti dalla società giallorossa è già una lotta per chi vivrà nella casa che condividevano. «Meglio morire che dare questo annuncio, ma non lascio per colpa mia, mi mettevano i bastoni tra le ruote sempre».
In 8 anni gli americani gli hanno sottoposto due rinnovi da giocatore, un contratto da dirigente, il ruolo da direttore tecnico che aveva chiesto. Nel suo saluto armato però c’è spazio solo per ciò che ha ingoiato nei due anni da dirigente: calciatori che aveva bocciato (Pastore) e ha visto acquistati, il sostegno a Di Francesco che avrebbe voluto 5 giocatori (Ziyech, Berardi, Consigli, fra questi) «ma non gliene hanno preso uno», i ringraziamenti al Ceo Fienga e a Ranieri, le parole a De Rossi «a lui ho detto da amico che era il suo ultimo anno» e il tentativo di portare Conte alla Roma, salvo essere ignorato nelle decisioni che hanno portato all’arrivo di Fonseca in panchina e di Petrachi ds. Lì s’è arreso, sentendosi «un peso», per il presidente Pallotta e il grande nemico, Franco Baldini: «Uno di noi due doveva andarsene. Erano 8 anni che volevano noi romani fuori dalla Roma, vediamo se vinceranno ora».
“Tornerò con nuova proprietà” L’arrivederci nasconde un desiderio, più forte della volontà di ricollocarsi altrove («Qualche altra società in Italia mi ha già chiamato, valuterò», dice pensando alla Samp) o di accettare il ruolo da supervisore delle Academy azzurre che ha in mente per lui la Federcalcio. «Tornerò con una nuova proprietà». L’avvocato Taormina in prima fila gli chiedeva se sapesse qualcosa di una cordata romana interessata a prendere la società, strappandogli un sorriso complice. Totti evocava invece i petrodollari arabi su cui da mesi si specula in città, con voci di imminenti offerte qatariote mai arrivate a Pallotta. «Ho girato spesso per Emirati, Kuwait, Dubai, lì tanti vorrebbero fare investimenti, tutti vorrebbero prendere la Roma». E la suggestione di immaginarlo frontman di un nuovo proprietario ricchissimo è dilagata in fretta, nella città in ebollizione.
La denuncia alla Consob Di fronte allo scenario però Pallotta non poteva restare a guardare: ha voluto prima farsi tradurre ogni parola, filtrandola. Poi con i vertici della società ha disposto una replica gelida: «Ci auguriamo che questa non sia un’anticipazione inopportuna di un tentativo di acquisizione: scenario molto delicato in considerazione del fatto che l’As Roma è una società quotata in Borsa. La proprietà non ha alcuna intenzione di mettere la Roma in vendita adesso o in futuro». Tra le righe, un monito che nasconde un pensiero: il club da ieri valuta seriamente la possibilità di una segnalazione alla Consob delle parole del suo ex capitano, anche per le oscillazioni significative del titolo in Borsa, che dopo una flessione significativa ha chiuso in rialzo.
Il ruolo da dt Ma è l’orizzonte da cui guardano la stessa storia Totti e la Roma, che è ormai distorto. Pure quel ruolo di direttore tecnico: per Totti, «ciò che voglio fare, perché so che posso incidere », ma a cui ha rinunciato. Sorprendendo la Roma: «Glielo avevamo proposto dopo l’addio di Monchi, aspettavamo una risposta». Il club nella verità di Totti non si riconosce. Convinto di averlo coinvolto non solo nei colloqui con Conte (con cui Totti ha parlato, ma al contrario di quanto dice l’unico ad incontrarlo è stato Fienga, a Siena, l’8 aprile in una sede di Mps). Ma pure nella bocciatura di Mihajlovic, in quella di De Zerbi, nel viaggio per conoscere Fonseca, a cui Totti non ha voluto partecipare. In fondo, dice la Roma, il ruolo da dt «richiede dedizione e impegno totali». Un’altra lettura, forse, dei motivi del divorzio.