IL CENTRO – Anche se non sono dei pubblici ufficiali, gli arbitri che commettono «illeciti» nella conduzione delle partite oggetto di «concorsi pronostici» sono soggetti al processo contabile davanti alla Corte dei conti e in caso di condanna devono risarcire il Coni se, all’epoca del match ‘aggiustato‘, gestiva i giochi legati alle manifestazioni sportive, ruolo che negli ultimi anni è stato ridimensionato. Lo ha deciso la Cassazione che ha confermato la condanna di Salvatore Marrazzo ex arbitro di Salerno iscritto all’Aia, e di Pietro D’Elia ex designatore arbitrale per la serie D ed ex arbitro internazionale, a risarcire in solido il Coni con 271.677 euro per danno erariale in relazione allo spareggio nel campionato nazionale dilettanti (oggi denominata serie D) giocata il primo giugno 1997 tra il Rieti e il Pomezia, il cui risultato era tra quelli rilevanti per il concorso Totogol. Il danno era derivato dal fatto che nonostante la gara fosse stata sospesa da Marrazzonei minuti finali a seguito della quinta espulsione di un calciatore del Pomezia (e ciò a norma di regolamento che prevede un minimo di set-te giocatori per squadra), «il risultato considerato ai fini della combinazione vincente era stato quello di 1-0 in favore del Rieti (punteggio al momento della sospensione), in base a un secondo referto arbitrale inviato dal Marrazzo, su impulso del D’Elia, nel quale l’ultima espulsione era stata collocata temporalmente a partita già conclusa». Una volta accertato dalla Corte federale della Figc che la partita era stata invece sospesa, il Coni aveva provveduto a risarcire, per circa un miliardo e mezzo di lire, tutti quei partecipanti al Totogol che avevano fatto ricorso, «essendo interessati a far valere l’avvenuta sospensione della gara e il conseguente diverso risultato convenzionalmente previsto in tal caso dal regolamento del con-corso, cioè lo stesso della prima partita tra quelle in elenco nella relativa giornata (nella specie, 2-2)». Si trattava di 13 agenti del-la polizia di Nettuno che reclamarono la vincita. Senza successo, le difese di Marrazzo e D’Elia per schivare la condanna erariale – il processo penale si è concluso con la prescrizione – hanno sostenuto che «l’arbitro è soggetto estraneo alla struttura organizzativa della pubblica amministrazione e si trova ad operare, rispetto alla ‘gestione pronostici‘, nel quadro di un mero ed occasionale rapporto libero professionale svolto per altre precipue finalità, con evidente difetto di giurisdizione della Corte dei Conti». Tesi che non ha convinto la Cassazione che ritiene che «l‘arbitro è investito di fatto di un’ attività avente connotazioni e finalità pubblicistiche, se non altro in quanto inserito a pieno titolo nell’apparato organizzativo e nel procedimento di gestione dei concorsi pronostici da parte del Coni, con il connesso impiego di risorse pubbliche». Il verdetto, a più di venti anni, mette la parola fine a uno scandalo nel quale rimase coinvolto, per poi essere prosciolto, anche l’ex ‘dominus‘ della Lega Dilettanti, Elio Giulivi, morto lo scorso maggio.