IL MESSAGGERO – ANGELONI – Bella o brutta che sia, la notizia (ufficiale) è arrivata: «Una volta firmato il contratto avevo già deciso. Sapevo che ero venuto a Roma nel momento del bisogno della mia squadra del cuore. Finito il campionato finisce il mio lavoro», la firma è di Claudio Ranieri, allenatore della Roma, che domani ospita la Juventus, con un altro tecnico quasi dismesso, Max Allegri, che – a quanto pare (oggi ne sapremo di più) – rischia di andare via lasciando a Torino un senso di liberazione, pur avendo vinto tanto. Due figure, Claudio e Max, che viaggiano in parallelo: allenano e svuotano gli armadietti, o quantomeno sarebbero invitati a farlo. Armadietti che non hanno scheletri. Il tecnico della Roma ha fatto quello che doveva/poteva fare, non ci aspettavamo mettesse le ali a una squadra che fino al suo arrivo era seduta sulla crisi, con giocatori sopravvalutati e un mercato incompleto.
ULTIMO TRENO CHAMPIONSLa Roma non brillava prima e non brilla ora, anche se l’obiettivo Champions era tornato di moda, poi c’è stata Genova e si sono quasi perse le speranze. Dall’altra parte c’è un tecnico, Allegri, con ancora un anno di contratto e cinque scudetti consecutivi vinti (più coppe nazionali varie), che viene a Roma da conquistatore non (più) apprezzato. Se Agnelli vorrebbe cambiare (decisione ancora non ufficiale e vincolata all’esito del faccia a faccia), Pallotta deve (gli manca pure un ds: Petrachi si è promesso e ha fatto infuriare Cairo, che – per liberarlo – chiede giocatori della Primavera). La sensazione è che, per citare Conte, a Torino ci sono condizioni per vincere e quindi quella panchina avrà un padrone top (compreso Allegri), qui a Roma si rischia di ricominciare da capo. Belle le settimane in cui si è sognato Conte, chissà, magari a breve torneranno. C’è sempre un Sarri (o un Gasperini, che resta il papabile principe) dietro l’angolo, che potrebbe riaccendere i desideri sopiti dei tifosi della Roma, o tanti di loro. Ma come ha fatto capire, se non lo cacciano resta a Londra.
L’ATTESA PER GASP E SARRILa Roma per ora non sceglie, aspetta. Aspetta che cominci il domino, che riguarderà inevitabilmente gente come Allegri, Valverde, De Zerbi, Gasperini, Gattuso, Giampaolo, Mihajlovic, ten Hag e pure Tuchel. Il piatto giallorosso è ricco o solo accettabile, a seconda dei punti di vista. Come dice Ranieri, però, «se non si fa lo stadio la Roma è destinata a stare dietro», ma comunque è una squadra – e lo dice più col cuore che con la ragione – da «promuovere» («la Roma è un bene inestimabile, è logico che mi senta di promuovere la mia squadra del cuore: nelle top squadre, la Juve è un grossissimo punto di riferimento. E per la Roma è vitale avere lo stadio di proprietà, poi potrà cominciare la rincorsa alla Juve. Senza lo stadio avrà grosse difficoltà», la previsione di Claudio). Magari sta anche qui, non è necessario essere Conte per farlo notare, il motivo per cui ha deciso di scappare, oppure ha scelto questa strada solo perché la Roma non ha mai mostrato grandi attenzioni su di lui, chiamato ad aggiustare e basta, senza coinvolgerlo più nei programmi futuri. Oggi Ranieri si ritrova a portare a termine un mini progetto con in testa un futuro che non c’è, con i giocatori – da Dzeko a Manolas – probabilmente distratti dal proprio destino («è difficile dire se la partita di Genova si possa spiegare con tutto il bailamme che ci sta intorno in questo momento. Questo c’è in ogni società e in ogni squadra, fa parte del calcio mondiale, ok le chiacchiere, ma poi si deve stare concentrati in campo», ancora Ranieri), con tre partite da vincere e non è nemmeno detto che basteranno, anzi. E in sottofondo, un Roma-Juventus che fu e che oggi non può essere. Nostalgia.