LA GAZZETTA DELLO SPORT – GASPORT – L’uomo che riportò la chiesa al centro del villaggio vive giorni inconsueti. Mare, famiglia e il calcio visto in tv. Incerti della vita dell’allenatore, che Rudi Garcia racconta col sorriso di chi conosce il mondo. Ma c’è il derby di Roma in arrivo e allora il passato – che lo racconta come uno mai sconfitto nella Stracittadina (3 vittorie e 2 pareggi) – torna a palpitare.
Fonseca: è un vantaggio vivere il derby da straniero? «Penso di sì. Quando sono arrivato ho capito da due romanisti come Totti e De Rossi come si vivesse. Parlando con loro si capiva come il passato fosse un peso e questo, a volte, può far perdere di lucidità. Ecco, io non avevo quella zavorra. Ma a Fonseca non servono consigli. Lo conosco, è bravo. E poi sa che un derby non si gioca, si vince».
La prima Stracittadina per lei fu l’apoteosi: 22 settembre 2013, 4a giornata, 2-0 e spettri del k.o. nella finale di Coppa Italia cancellati, almeno in parte. Come visse la vigilia? «Ero arrivato su delle macerie psicologiche. Ricordo che quando uscì il calendario ero in stanza con i dirigenti che erano disperati per quel derby che arrivava così presto, invece io dissi che era una chance per cancellare il passato e ripartire. Credo che questo possa valere anche per Fonseca: se le cose andranno bene, si potrà fare gruppo e rilanciare la stagione».
Ora quali possono essere i giocatori decisivi? «Non ci sono favoriti. Vedendo la partita col Genoa, ho capito che c’era bisogno di rinforzi in difesa e Smalling può essere l’acquisto giusto. Gli attacchi possono essere decisivi. Io però punto molto su Pellegrini».
Come ha vissuto da lontano l’addio di Totti e De Rossi? «Ho sofferto davanti alla tv. Nella vita tutto finisce, ma conta anche il modo».