23 Apr 2020In Rassegna stampa4 Minuti

Serie A, Spadafora prende tempo. Ma che succede se un altro calciatore viene trovato positivo?

LA GAZZETTA DELLO SPORT – Stiamo discutendo di allenamenti, il 4 maggio dovrebbe esserci una ripartenza soft, ma quando si potrà giocare? E soprattutto, siamo sicuri che ci saranno le condizioni per farlo? Ieri queste domande sono inevitabilmente arrivate sul tavolo del super vertice fra il ministro dello sport Vincenzo Spadafora e il mondo del calcio.

Spadafora ha preso tempo: “Ho ascoltato con grande attenzione le diverse posizioni emerse e nei prossimi giorni, dopo un confronto con il ministro della Salute e il comitato tecnico-scientifico, emaneremo le disposizioni aggiornate in merito alla possibilità e alle modalità di una ripartenza degli allenamenti”. Non si tratta di un via libera, ma le informazioni che filtrano dagli ambienti governativi vanno in una direzione: sì alla ripresa a partire dal 4 maggio, a condizione di allenarsi in forma individuale e rispettando il distanziamento. In pratica, le prime due settimane del percorso indicato dal protocollo.

Sì, ma dopo? Ecco, qui c’è il problema. Il Dpcm non potrà dire sì alle partite, ovviamente. La Lega di A ha bisogno di un’indicazione che vada più in là del tempo. La seconda fase degli allenamenti, quella in cui si dovrebbe ripristinare il copione classico del lavoro delle squadre, con partitelle e senza distanziamento, e soprattutto la ripresa dell’attività agonistica. I club cercano di capire se ha un senso imbarcarsi in un percorso così complicato. Perché si rischia di radunare i calciatori, ricominciare a farli allenare, per poi non avere certezze sul “dopo”. La fase del “gruppo squadra” radunato in un “luogo chiuso” per evitare contatti con l’esterno e arrivare a un ambiente completamente “negativizzato” dovrebbe cominciare senza chiarezza sulla date. Dunque, la prima tappa (ripresa soft degli allenamenti) può partire ma sui tempi della seconda (ripresa a pieno regime) e della terza (partite) nessuna certezza. Spadafora lo ha detto chiaramente. È probabile che non ci saranno novità almeno fino al 10-12 maggio, cioè al momento in cui si studierà un nuovo dpcm che aggiornerà la situazione.

 

Peraltro questo aiuterebbe a prendere una decisione con diversi elementi in più, la validazione dei test sierologici (attesa per il 29 aprile) e una maggiore chiarezza sulla possibilità di effettuare i test molecolari (i tamponi) nelle strutture private.

Il problema resta la possibilità di un contagio. Una preoccupazione che riguarda naturalmente in primo luogo l’eventuale positivo (peraltro non tutti i calciatori positivi si sono ancora “negativizzati”). C’è poi il discorso del che cosa fare in caso di positività con il resto del “gruppo squadra”. Un caso sanitario e legale di non facile soluzione. Perché le responsabilità sono a carico del datore di lavoro, cioè del club. In particolare, quanto sarà lungo il periodo di isolamento per chi ha avuto contatti diretti con la persona trovata positiva, calciatore o magazziniere che sia? Una squadra in quarantena (e più d’una se tutto questo avvenisse nella fase della ripresa agonistica) potrebbe a quel punto rappresentare uno stop definitivo.