CORRIERE DELLA SERA – La Roma romana e romanista non esiste più. Via Daniele De Rossi, a cui non è stato rinnovato il contratto. Via Claudio Ranieri, al termine del suo periodo in panchina da traghettatore. Via Francesco Totti, che domani alle 14 spiegherà nel Salone d’onore del Coni perché ha deciso di separare la sua strada da quella di James Pallotta e Franco Baldini. Basta rileggere qualche passo di «Un capitano», l’autobiografia scritta con Paolo Condò, per capire che la rottura che sarà sancita tra poche ore era il fuoco che covava sotto la cenere. Per descrivere il suo addio al calcio, per esempio, Totti ha usato addirittura il paragone della rivelazione dell’assassino: «Quando io e Ilary andiamo a Londra per incontrare Pallotta troviamo all’incontro anche Franco Baldini… “Sono stato io, Francesco”. “A fare cosa, Franco?”. “A farti ritirare. (…) Vedrai che dalla prossima stagione, la Roma, liberata da una presenza così ingombrante, e per la quale nutre una profonda gratitudine, aprirà un nuovo capitolo della sua storia. Un capitolo felice e tu ci sarai comunque”». Totti c’è stato, come dirigente, per due anni. Ma non è stato certo un capitolo felice. Il gruppo di lavoro con Di Francesco e Monchi è stato smantellato con l’esonero dell’allenatore e il ritorno a Siviglia del direttore sportivo. L’ultimo campionato si è chiuso con la Roma fuori dalla Champions League e in mezzo a polemiche di tutti i tipi. La società, ora, è «detottizzata» e «deromanizzata».