27 Ago 2025In Calcisticamente6 Minuti

La mente nel pallone: il tifo oltre il gol

INSIDEROMA.COM – EMANUELE CAPONE – 63.681 cuori, 63.681 anime, 63.681 voci, questo è il dato ufficiale reso noto dall’AS Roma delle presenze allo Stadio Olimpico alla prima di campionato della nuova stagione contro il Bologna. Ma cosa succede all’interno del nostro cervello, quali sono gli istinti che spingono 63.681 allo stadio più un numero estremamente alto di persone davanti ad uno schermo o incollati ad una radiolina a mollare tutto per una sera e farsi trasportare da una maglia con sopra lo stemma della propria squadra del cuore?
Come anticipato nel precedente articolo oggi andremo ad scoprire la neurobiologia del tifoso.

Il calcio come cultura

Prima di tutto si può affermare come il calcio rappresenti un sentimento di amore, di passione e che come tale ha spiegazioni diverse e multifattoriali. Rappresenta un forte senso di appartenenza ad una squadra al di là del risultato, fa alzare in piedi e gridare, piangere di gioia o di disperazione, insomma stimola nel tifoso un turbinio di emozioni forti che vanno al di là del semplice gol o del dispiacere per un’eliminazione in una competizione. Secondo l’etologo Morris, il calcio rappresenta la forma più avanzata di rituale, la caccia. Il seguire e tifare quindi per una squadra può essere, secondo lo studioso, una sorta di pseudocaccia, dove il giocatore è il cacciatore, il pallone è l’arma, la porta la preda. L’enorme popolarità di questo sport sarebbe da ricondurre quindi alla presenza di tutte le fasi e operazioni (tra cui l’inseguimento, prendere la mira, la cooperazione, l’adrenalina) della caccia.

Evidenze neuroscientifiche

Arrigo Sacchi, allenatore di fama internazionale, una volta parlando di calcio pronunciò la frase: “il calcio è la cosa più importante tra le cose meno importanti”. Questa espressione rappresenta a mio avviso come questo sport sia non solo un’attività fisica, ma rappresenti un fenomeno psicologico e sociale molto importante e complesso.
Le neuroscienze tendono a ricercare e spiegare quelle che possono essere le cause di un qualsiasi fenomeno, ci serviremo di questa branchia della scienza per aiutarci a comprendere cosa si attiva a livello fisiologico nel nostro cervello durante una partita. Alcuni ricercatori spagnoli e tedeschi hanno scoperto come la semplice partecipazione ad una qualunque partita (spettatori neutri) generi l’attivazione dei meccanismi neurali che sono coinvolti negli stati d’ansia, questo ci permette quindi di dire che il calcio ha degli “effetti” sul cervello”.
L’università di Valencia ha ulteriormente studiato come l’assistere ad una partita di calcio per i tifosi possa essere paragonabile ad un orgasmo, difatti la stimolazione provata è paragonabile a circa 90 minuti di sesso. Secondo gli autori di questo studio ciò è associato alla secrezione degli “ormoni del piacere” che aumentano quando le due squadre scendono in campo e che salgono a livelli massimi nei momenti clou (ad esempio calci di rigore). Altri studi hanno evidenziato come i livelli di cortisolo (ormone dello stress) e di testosterone (ormone sessuale) variano a seconda dei diversi momenti della partita. Una particolarità di questa ricerca condotto da Van Der Meij è stata quella di aver registrato come i livelli di cortisolo (che regola diverse funzioni corporee e fornisce energia in situazioni di emergenza) siano molto alti durante la partita, dato che permette di spiegare come mai una sconfitta può essere sentita come una minaccia alla stima sociale.
Ulteriori studi evidenziano invece come alcune aree del nostro cervello, in particolare la corteccia orbitofrontale mediale, si attivino durante una partita o stando a contatto con persone che tifano la nostra stessa squadra. Queste aree risultano importanti in quanto implicate nei processi emotivi ed affettivi. Inoltre si è notato come si attivi anche la corteccia cingolata subgenuale, area connessa alla presa di decisione altruistiche nei confronti delle persone (specie nella famiglia).
Queste ricerche portano alla conclusione che il tifo è un indice di appartenenza ad un gruppo di riferimento culturale, e che lo stimolo cerebrale prodotto si traduce in uno stretto legame di appartenenza alla propria squadra del cuore che ha la stessa radice dei legami affettivi familiari o con le persone a noi più care come gli amici.
Si può quindi affermare come il seguire una partita di calcio attivi tutti quei meccanismi responsabili dell’elaborazione delle emozioni ed evoca una risposta neurologica talmente forte da attivare il nostro sistema il nostro corpo e i nostri sistemi di credenze e appartenenza.

A conclusione vi lascio con una frase che riassume in poche parole l’articolo:
“Se uomo ama donna più di birra gelata davanti a tv con finale Champions, forse vero amore, ma non vero uomo” (Vujadin Boskov)


Dott. Emanuele Capone
(psicologo/psicoterapeuta)