INSIDEROMA.COM – ALESSANDRO CAPONE – Arrivò il giorno, così, quasi senza rendersene conto. Le file all’ingresso del settore erano sostituite da quelle ai supermercati. Tutti a distanza, l’uno dall’altro. I volti coperti, ma non dai propri colori bensì da mascherine che lasciavano intravedere solo gli occhi che avevano sguardi smarriti. Non si sentivano più cori. Quelli erano stati sostituiti da altoparlanti sopra ad auto con i lampeggianti che lanciavano messaggi con parole di richieste di collaborazione che a volte si percepivano come velate minacce perché all’interno delle case regnava un’aria surreale. Le bandiere che sventolavano in curva erano state sostituite da quelle appese ai balconi che davano un senso di tristezza, di enorme difficoltà. I chilometri percorsi per “colpa” della tua passione erano diventati metri, non più di duecento, e comunque autorizzati solo per far parte di quella fila a distanza diventando un altro volto coperto, un altro sguardo perso nella preoccupazione di non sapere quando tutto avrebbe avuto fine. Le soste agli autogrill ora erano fugaci entrate al tabaccaio. I brindisi sulle gradinate d’Italia e d’Europa che riempivano le giornate fatte di sentimento e condivisione sostituiti da tristi appuntamenti virtuali, che si, risollevavano il morale ma solo fino a quando il telefono non si spegneva e il silenzio surreale aveva preso il posto dei cori cantati a squarciagola. La voglia di stringersi un po’ praticamente vietata. Le sirene al posto del rumore della folla facevano più rumore nella testa carica di pensieri. Gli abbracci dopo i gol ormai impossibili. Non c’erano più gol, ma cosa ancor peggiore, non c’era più quasi nulla. La tensione della settimana prima di arrivare alle partite era stata scacciata dalla paura di ricevere telefonate negative. Costretti a guardare quelle tv che tanto si era fatto per fare in modo che non sostituissero la presenza. Ogni presenza ora poteva essere solo virtuale. Senza nemmeno rendersene conto si era stati catapultati a dover affrontare una partita contro un avversario senza regole. Invisibile, subdolo, che se fortunatamente riesci a dribblare ti lascia comunque quel senso di smarrimento. Smarrimento perché in tanti si erano ritrovati soli, fra le mura di casa. Nemmeno la possibilità di poter scegliere dove e con chi voler essere. Non c’erano soluzioni. Le sedie vuote intorno al tavolo avevano preso il posto dei seggiolini della curva. Non si era mai stati seduti tanto a lungo, non era mai passato così tanto tempo senza che nessuno potesse calpestare quei gradoni anche per chi non poteva. Arrivò il momento in cui tutti concentrarono gli sforzi contro lo stesso avversario. E questa è la partita più importante. Per tornare ad affrontarci come prima, per tornare ad abbracciarsi dopo i gol, per continuare a macinare chilometri e superare gli ostacoli, per partire subito, per camminare insieme ai nostri colori, per sentire ancora quei brividi e a vivere quelle emozioni, per ritrovare gli amici miei… restiamo a casa e andrà tutto bene.